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Mons. Caiazzo: tornare al gusto del pane significa uscire dalla logica della guerra

Carissimi,

ci ritroviamo a celebrare l’Eucaristia nella Basilica Cattedrale di Matera dove tra qualche giorno si svolgerà il XXVII Congresso Eucaristico Nazionale: “Torniamo al gusto del pane, per una Chiesa eucaristica sinodale”.

La liturgia di questa domenica ci aiuta a riflettere e ad entrare nel clima del Congresso. Infatti le parabole di oggi possono essere considerate il cuore del messaggio del Maestro.

Cosa significa tornare al gusto del pane? Attorno a Gesù ci sono pubblicani e peccatori: lui li cerca e da loro è cercato, mentre gli scribi e i farisei restano scandalizzati. Rappresentano le due facce dell’umanità sofferente.

Una avverte il bisogno di essere sfamata di verità e giustizia, ritrovandosi alla stessa mensa con Gesù. E’ questa l’umanità che chiede di essere incontrata e non giudicata, accolta e non mandata indietro. Ed è esattamente di misericordia e di perdono che ha bisogno: ciò che Gesù dona diventa festa del cuore e invito a gioire e partecipare alla stessa gioia

L’altra, anch’essa sofferente, rimane chiusa nei suoi schemi, nelle sue liturgie fatte di culto e riti senza cuore, senza Dio. Si nutre di Gesù Eucaristia ma ritorna a casa senza la presenza reale di Cristo che trasforma la carne, la mente, il cuore. Rimane nella tristezza, nella rabbia, nell’aridità di una vita senza respiro, senza cuore che batte, senza sangue che scorre nelle vene.

La logica del Dio di Gesù Cristo è quella dell’amore misericordioso. E’ lo stesso amore di un padre che si rende conto che sta perdendo un figlio a causa di scelte sbagliate, di strade senza luce. Un padre non rifiuta mai di incontrare il proprio figlio che si è allontanato da casa, anzi vive l’attesa del suo ritorno per amarlo più di prima.

L’amore nella sua circolarità avvolge, fa sentire il suo calore, genera nuova vita, condivide le stesse lacrime. L’amore che viene da Dio Padre è senza calcoli: ama perché ama. Il resto non gli appartiene. Accoglie il figlio che si era perso, rincorre quello che sta per perdersi. E’ la forza dell’amore che, nel suo dinamismo, non si stanca, non si ferma, ma muove continuamente le corde del perdono per una nuova armonia di vita.

Eppure i due fratelli della parabola non riescono a incontrarsi: il maggiore lo rinnega a tal punto da non chiamarlo fratello, bensì “questo tuo figlio”. Ha tutto ma è come se non avesse nulla, diventa geloso non sapendo apprezzare l’amore del Padre. E’ chiuso nella sterilità di un mondo fatto di amicizie fragili e interessate, di rabbia e tristezza che fanno navigare il suo animo tra le torbide acque della vita.

Tornare al gusto del pane significa sentire il sapore dell’amore di Dio donato nell’Eucaristia, Parola che si è fatta carne nel seno di Maria e a noi donata nel Figlio, Gesù. Quanti riceviamo Gesù, diventiamo figli nel Figlio, quindi fratelli che si sanno accogliere, perdonare, gioire e piangere insieme, condividendo ogni cosa, facendo festa. E’ la logica del dono.

Tornare al gusto del pane significa, allora, ritrovare il volto del Padre misericordioso, del Dio amore che mette l’anello al dito del figlio ritrovato, i sandali ai piedi, i vestiti regali. E’ il Dio di Gesù Cristo che ridona dignità a chi l’ha perduta, apre i mari della disperazione, calma le acque agitate, fa approdare a nuovi lidi.

Tornare al gusto del pane significa anche uscire dalla logica di guerre condotte con ogni tipo di armi. La peggiore delle quali è il ricatto all’umanità, soprattutto quella più povera e bisognosa, attraverso la privazione del grano e quindi del bene primario che è il pane. Oppure quella energetica che mette seriamente in crisi l’economia mondiale ma soprattutto le famiglie già duramente provate dalla pandemia.

Tornare al gusto del pane significa voler abbandonare la fame, i porci da pascolare e con i quali si condivide una vita vuota e senza gioia, dire basta all’amarezza delle carrube velate di ricerca di piaceri e di godimenti artificiali, per tornare a gustare il calore di casa, l’affetto della famiglia, il vero cibo che sfama e dà vita: Gesù Eucaristia. Significa rialzare gli occhi al cielo e scrutare spazi infiniti nei quali immergersi e sentire l’abbraccio del Padre dopo essersi persi. Direbbe L. Tolstoj: “Il segreto della felicità non è far sempre ciò che si vuole, ma di volere sempre ciò che si fa”.

Attraverso le tre parabole della misericordia, la pecora perduta, la moneta smarrita e il padre misericordioso, Gesù ci mostra il vero volto di Dio, quello di chi non vuole perdere nessuno dei suoi figli. La sua forza si chiama amore, misericordia, perdono, nostalgia di casa e gusto della festa. E’ l’immagine più bella della missione della Chiesa che celebra l’Eucaristia, accogliendo tutti i figli che ritornano e non abbandonando quanti potrebbero allontanarsi.

Alla Madonna della Bruna affidiamo il Congresso Eucaristico Nazionale: è Lei che continua ad indicarci il Figlio, Gesù, quale cibo di vita eterna. Con Maria desideriamo tornare al gusto del pane per una Chiesa eucaristica e sinodale. Così sia.

Don Pino