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Novena di NataleDalla mangiatoia di Betlemme ai cenacoli domestici19 dicembre

Dal Vangelo secondo Luca (11, 5-8)

Poi disse loro: «Se uno di voi ha un amico e a mezzanotte va da lui a dirgli: «Amico, prestami tre pani, perché è giunto da me un amico da un viaggio e non ho nulla da offrirgli», e se quello dall’interno gli risponde: «Non m’importunare, la porta è già chiusa, io e i miei bambini siamo a letto, non posso alzarmi per darti i pani», vi dico che, anche se non si alzerà a darglieli perché è suo amico, almeno per la sua invadenza si alzerà a dargliene quanti gliene occorrono.

Ebbene, io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà una serpe al posto del pesce? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro del cielo darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!».

Su richiesta dei discepoli Gesù insegna a pregare rivolgendosi a Dio chiamandolo Padre, perché la preghiera è un dialogo familiare, pieno di confidenza e d’intimità. Nel cuore della preghiera c’è la domanda di ricevere da Lui il «pane quotidiano». L’insegnamento non si limita ad uno schema di preghiera o ad una formula, ma vuole educare a vivere la relazione con Dio nello stesso modo con cui un figlio dialoga con il padre di ogni cosa. Man mano che passiamo dall’infanzia all’adolescenza perdiamo la fiducia nei confronti delle figure educative dalle quali si cerca di emanciparsi. Alla fiducia si sostituisce la vergogna di chiedere aiuto nella immatura pretesa di poter fare da soli. Non ci si può staccare dalle proprie radici, altrimenti questo decreterebbe veramente la fine. Gesù propone una piccola parabola per aiutarci a riflettere sulla necessità di pregare con perseveranza e fiducia per tenere vivo questo dialogo d’amore. Il rapporto di amicizia permette quella confidenza tale che, da una parte diventa confessione della propria povertà, e dall’altra, fa osare oltre i limiti della correttezza o della stretta giustizia. Chiedere presuppone l’umile fiducia nei confronti di chi sai che ti può aiutare senza giudicare o speculare sulle proprie mancanze. Chi più di un padre è capace di comprendere la richiesta di aiuto? Eppure, ci sono padri cattivi che però riescono a dare cose buone ai loro figli. Tra questi c’è il Padre celeste che, nonostante a volte sembri assente o indifferente, invece è buono, non solo perché è provvidente e sazia la fame dei suoi figli, ma anche perché dona lo Spirito Santo a coloro che lo invocano con cuore umile e sincero. I tre pani chiesti in prestito potrebbero rappresentare tre doni di Dio: la fede, la speranza e la carità. Esse sono le virtù che ci vengono date col battesimo, ma non una volta per tutte. Si richiede una continua invocazione dello Spirito, in particolare nell’Eucaristia, affinché esse possano essere veramente possedute e perché chi accede alla comunione eucaristica possa diventare pane egli stesso. Il medesimo Spirito, che nel battesimo ci consacra figli di Dio, nell’Eucaristia riunisce tutti in un unico corpo e ci fa veramente amici.  

Signore Gesù, amico dei piccoli e dei poveri, insegnaci a farci mendicanti dello Spirito Santo presso il Padre celeste. Ricordaci che per portare frutto abbiamo bisogno sempre di attingere vita dalla radice piantata nel cuore di Dio. Sostienici con la tua preghiera perché non ci stanchiamo di alzare i nostri occhi al cielo per chiedere aiuto con speranza, di perseverare con fiducia nel cercare la volontà di Dio e di bussare alla porta del suo cuore per ricevere il dono della carità che ci fa fratelli di tutti.