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I DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)

Dt 26,4-10   Sal 90   Rm 10,8-13  

+ Dal Vangelo secondo Luca Lc 4,1-13

Gesù fu guidato dallo Spirito nel deserto e tentato dal diavolo.

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spirito nel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».

Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e gli disse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me, tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».

Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”».

Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato.

Il racconto delle tentazioni è l’ultima scena del trittico composto anche dalla narrazione del Battesimo di Gesù (3,21-22) e dalla sua genealogia (3,23-38). La rivelazione divina (3,22), che indica in Gesù il «Figlio amato», viene confermata dall’evangelista nella genealogia che ha come culmine «Adamo, figlio di Dio». Dal raffronto tra Giovanni Battista e Gesù emerge che quest’ultimo, come già era stato preannunciato dall’angelo Gabriele, non è semplicemente un profeta e neanche solo il Messia atteso dalla gente, ma Dio stesso. Egli si mostra nella carne di Gesù per indicare il fatto che Dio si fa vicino non solo ad Israele ma ad ogni uomo. L’evento del battesimo è la consacrazione di Gesù che rivela la sua appartenenza alla dimensione divina e la genealogia sottolinea la piena comunanza con gli uomini. Gesù, dunque, è vero Dio e vero uomo. Che sia veramente uomo lo dimostra il fatto che è tentato da Satana, come tutti gli uomini. Il fatto che sia figlio di Dio lo si evince dal modo con cui lo ama nella prova. La triplice tentazione sembra essere una sorta di test d’ingresso preliminare all’inizio della missione che Gesù ha ricevuto insieme alla vocazione nel momento del battesimo. Il Libro del Deuteronomio descrive in questi termini il senso dei quarant’anni di cammino nel deserto del popolo d’Israele: «Ricòrdati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio, ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore, se tu avresti osservato o no i suoi comandi» (Dt 8,2). Il tempo dell’esodo è occasione di grazia, non di disgrazia, perché chi guida è sempre Dio. Infatti, Luca specifica che Gesù, colmato dello Spirito Santo, è condotto dallo stesso Spirito nel deserto. Il numero quaranta richiama l’esodo d’Israele. Per Gesù le parole del Deuteromonio hanno lo stesso valore. Nel suo cammino con gli uomini deve costantemente verificare ciò che ha nel cuore perché possa giungere alla Pasqua pronto per offrire tutta la sua vita al Padre ed entrare nel suo Regno. Le tre tentazioni tracciano un itinerario geografico ed esistenziale che va dal deserto a Gerusalemme, dalla consacrazione al compimento della missione. Il fine del racconto è quello di indicare al credente in Cristo che la base di tutto è la fede che non si riduce a conoscenze nozionistiche ma si declina in scelte concrete di vita. Scegliere comporta rinunce e accettazione. La fede è dunque rinuncia alle proposte ispirate alla logica del demonio, che esalta l’“io”, per accettare quella che risponde alla volontà di Dio, il quale per sua natura è «noi». Gesù, più che dimostrare chi è e quale sia il suo potere, coglie ogni occasione, soprattutto quelle in cui maggiormente avverte la solitudine, di affermare e confermare la sua fede. Lo fa non con parole sue, ma con quelle della Scrittura, del Libro del Deuteronomio in particolare. San Paolo in Rm 10 dice che con il cuore si crede e con la bocca si fa la professione di fede. Gesù confessa la sua fede portando sulle labbra ciò che ha nel cuore, proprio come lui stesso afferma che «la bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda» (Lc 6,45).

La prima tentazione fa leva sul senso del bisogno e viene offerta una soluzione. Gesù relativizza il bisogno e anche la soluzione perché il vero problema non è la mancanza di pane ma di chi lo condivide. La trasformazione delle pietre in pane avrebbe saziato la sua fame ma non lo avrebbe fatto uscire dal deserto. Così rivela che la sua missione non consiste nell’accontentare la gente elemosinando miracoli, ma nel condividere la Parola di Dio che fa vivere. L’uomo non è solo bisogno individuale da soddisfare ma desiderio di comunione fraterna da coltivare. Nella prima lettura il credente offre a Dio le primizie della terra e in esse riconosce la provvidenza di Dio che anche nel deserto non ha fatto mancare il nutrimento. Dall’esperienza del deserto il credente ha imparato il valore della gratitudine e della condivisione. La fede di Gesù nel bisogno si declina in apertura del cuore per chiedere aiuto e apertura della mano per condividere ciò che si è ricevuto.

La seconda tentazione tocca il senso del vedere e viene offerta una promessa. Luca descrive la visione come istantanea che rivela la reale durata della potenza e della gloria che il diavolo promette. Gesù non si lascia abbindolare dal fascino del potere ma smaschera l’inganno di chi vuole barattare il successo di un momento con la permanente sottomissione a lui. All’ambizione Gesù risponde con l’umiltà di chi si prostra solo davanti al Signore per rendergli culto. Il rifiuto di sottostare alle logiche del potere si umilia sottoponendosi alla croce. In tal modo da credente compie quello che è prescritto nella pagina del Deuteronomio letta come prima lettura. Gesù depone la sua vita nelle mani di Dio e si prostra davanti a Lui per ricevere il potere eterno dell’amore che salva e metterlo a servizio degli uomini. Il potere del mondo distrugge, quello di Dio genera; per questo i regni della terra sono momentanei mentre quello di Dio è eterno. La fede di Gesù, nel momento della fama e del consenso quando la gente lo porta sul palmo della mano, si declina ancora una volta nella preghiera di ringraziamento che diventa benedizione effusa sugli uomini.

La terza tentazione è la più subdola perché, facendo leva sul senso della paura, fintamente chiama in causa la fede. La prima tentazione invitava ad usare le proprie forze per risolvere il problema della fame mentre la terza usa la Parola di Dio per giustificare la strategia del sensazionale per convincere gli uomini a fidarsi di Dio. Si vorrebbe confondere la sfida con la fiducia. La fede è la certezza che nel cuore di Dio c’è solo amore mentre la sfida è la richiesta di prove che dimostrerebbe ciò di cui non siamo certi. La sfida è una forma d’incredulità che non potrà mai convincere a credere. La fede non è una questione di evidenze ma è l’accettazione di un mistero che ci supera. Tra le paure la più grande è certamente quella della morte. Nessuno, sano di mente, sceglie la morte. Satana vorrebbe spingere Gesù ad andare incontro alla morte con la speranza che essa gli sia risparmiata per il tempestivo intervento divino. Gesù non sfida il Padre chiedendogli di salvarlo dalla morte ma l’affronta certo che non lo abbandonerà nella fossa ma lo risusciterà.