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BATTESIMO DEL SIGNORE (ANNO B)

Is 55,1-11   Da Is 12   1Gv 5,1-9  

Mc 1,7-11: Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento


Padre santo,

che nel battesimo del tuo amato Figlio

hai manifestato la tua bontà per gli uomini,

concedi a coloro che sono stati rigenerati

nell’acqua e nello Spirito

di vivere con pietà e giustizia in questo mondo

per ricevere in eredità la vita eterna.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dal libro del profeta Isaìa Is 55,1-11

Venite all’acqua: ascoltate e vivrete.

Così dice il Signore:

«O voi tutti assetati, venite all’acqua,

voi che non avete denaro, venite;

comprate e mangiate; venite, comprate

senza denaro, senza pagare, vino e latte.

Perché spendete denaro per ciò che non è pane,

il vostro guadagno per ciò che non sazia?

Su, ascoltatemi e mangerete cose buone

e gusterete cibi succulenti.

Porgete l’orecchio e venite a me,

ascoltate e vivrete.

Io stabilirò per voi un’alleanza eterna,

i favori assicurati a Davide.

Ecco, l’ho costituito testimone fra i popoli,

principe e sovrano sulle nazioni.

Ecco, tu chiamerai gente che non conoscevi;

accorreranno a te nazioni che non ti conoscevano

a causa del Signore, tuo Dio,

del Santo d’Israele, che ti onora.

Cercate il Signore, mentre si fa trovare,

invocatelo, mentre è vicino.

L’empio abbandoni la sua via

e l’uomo iniquo i suoi pensieri;

ritorni al Signore che avrà misericordia di lui

e al nostro Dio che largamente perdona.

Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri,

le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore.

Quanto il cielo sovrasta la terra,

tanto le mie vie sovrastano le vostre vie,

i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.

Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo

e non vi ritornano senza avere irrigato la terra,

senza averla fecondata e fatta germogliare,

perché dia il seme a chi semina

e il pane a chi mangia,

così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca:

non ritornerà a me senza effetto,

senza aver operato ciò che desidero

e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata».

L’acqua viva della Parola che realizza la nuova alleanza

Il profeta Isaia invita ad ascoltare la parola di Dio. Essa è indispensabile per vivere. Ascoltare significa lasciarsi guidare da Dio perché i propri pensieri, come una via, possano condurci alla Verità, la sorgente della vita.

Dio invia la Parola che scende come la pioggia e la neve il cui fine è fecondare la terra e così l’uomo possa avere i mezzi necessari per lavorare e per nutrirsi.

Il pensiero di Dio va sempre all’uomo perché lo ama e desidera che egli viva della Sua stessa vita. Dio è la sorgente dell’acqua che offre all’uomo perché viva. La parola di Dio è l’acqua viva, quella cioè che fa vivere. Attraverso la Parola ci viene donato lo Spirito di Dio che crea legami di amore.

Salmo responsoriale (Da Is 12)

Attingeremo con gioia alle sorgenti della salvezza.

Ecco, Dio è la mia salvezza;

io avrò fiducia, non avrò timore,

perché mia forza e mio canto è il Signore;

egli è stato la mia salvezza.

Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,

proclamate fra i popoli le sue opere,

fate ricordare che il suo nome è sublime.

Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose eccelse,

le conosca tutta la terra.

Canta ed esulta, tu che abiti in Sion,

perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele.

Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo (1Gv 5,1-9)

Lo Spirito, l’acqua e il sangue.

Carissimi, chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato. In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi. Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede.

E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l’acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Poiché tre sono quelli che danno testimonianza: lo Spirito, l’acqua e il sangue, e questi tre sono concordi. Se accettiamo la testimonianza degli uomini, la testimonianza di Dio è superiore: e questa è la testimonianza di Dio, che egli ha dato riguardo al proprio Figlio.

Generati dall’amore per essere testimoni credibili di fraternità

La fede è il legame che unisce l’uomo e Dio attraverso Gesù. È Lui che, effondendo il suo sangue dalla croce, dona lo Spirito Santo all’uomo che lo riceve nell’acqua del battesimo, come era sceso su Gesù quando fu immerso dal Battista nel fiume Giordano. Lo Spirito Santo è l’artefice della fede intesa come esperienza di essere generati come Figli di Dio. Come tali amiamo Dio amando i nostri fratelli. Amare Dio significa lasciarsi plasmare da Lui come suoi figli affinché il dono dell’amore che rigenera possa essere donato e condiviso con i fratelli. Come la figliolanza, anche la fraternità richiede di essere continuamente generata come da una sorgente sgorga perennemente l’acqua. La fede è una continua lotta per vincere il peccato e passare dalla morte alla vita.

+ Dal Vangelo secondo Marco Mc 1,7-11

Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento.

In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».

LECTIO

Il brano del vangelo presenta due scene nelle quali si alternano altrettante «voci», quella del Battista, «voce di uno che grida nel deserto», e quella del Padre che viene dal cielo. Entrambi parlano di Gesù di Nazaret; Giovanni lo indica come il «più forte» che viene a battezzare nello Spirito Santo e il Padre lo chiama «Figlio mio, l’amato», nel quale si compiace.

Tra la parola del Battista e quella di Dio c’è il gesto di Gesù di farsi battezzare.

Nelle parole del Battista c’è un raffronto continuo tra lui e l’Atteso. Da una parte c’è una continuità perché si tratta di uno che lo segue, dall’altra si precisa la novità e il salto di qualità che risalta nell’accostamento dell’indegnità del servo alla forza del Signore, e ancora di più dal raffronto tra il battesimo con l’acqua e quello nello Spirito Santo.

Giovanni Battista annuncia la conclusione della sua missione perché è venuto colui per il quale è stato inviato a battezzare con l’acqua. Non dice il nome perché il suo compito è quello di creare le condizioni per le quali Dio, venendo in mezzo agli uomini, possa coinvolgersi con essi e fare di loro i Suoi figli. La missione del Battista è a tempo perché s’inauguri il tempo dell’alleanza nuova ed eterna tra Dio e gli uomini. La forza dell’Atteso risiede nel creare legami di amore con Dio e tra di noi.

L’annuncio del Battista definisce l’identità e la missione del Cristo ma il suo volto rimane ancora nascosto fin quando Gesù da Nazaret di Galilea non entra direttamente in scena andando da Giovanni per farsi battezzare nel fiume Giordano, come altri discepoli prima di lui. Il passaggio dall’annuncio al compimento porta con sé ancora i segni del paradosso dell’evento cristiano. Il «forte», che avrebbe battezzato in Spirito Santo, appare come un uomo comune al punto da confondersi con gli altri che s’immergono nelle acque del Giordano.

Il cammino di Gesù dalla Galilea al Giordano, dove riceve il battesimo con l’acqua, simboleggia la strada che egli percorre insieme agli uomini per giungere al «battesimo di sangue» di cui parla a Giacomo e Giovanni (Mc 10). C’è un legame strettissimo tra l’evento del battesimo e la Pasqua. Il battesimo ricevuto da Giovanni è annuncio di quello nello Spirito Santo a Pasqua. L’evangelista Marco nel racconto della Pasqua legge la passione, morte e risurrezione di Gesù come Battesimo nello Spirito Santo in cui Egli si lascia spogliare di tutto per dare tutta la propria vita. La conseguenza è la risposta di Dio che lo risuscita e lo riveste di una vita nuova.

Quello che sembra essere un fatto ordinario comune a molti uomini si rivela invece per il diretto interessato come un evento straordinario. Nel momento di uscire dall’acqua c’è l’intervento divino che tuttavia rimane qualcosa di strettamente personale al punto che dall’esterno non viene percepito. Solo Gesù vede aprirsi i cieli, scendere verso di lui lo Spirito Santo in forma di colomba e ascolta la voce del Padre che si rivolge direttamente a lui chiamandolo «Figlio mio, amato».

Tutti, compreso il Battista, vedono un uomo di nome Gesù, immergersi nell’acqua e riemergere. Tutti osservano il verificarsi del battesimo nell’acqua, ma solo Gesù vede i cieli aperti e lo Spirito santo scendere su di lui e ascolta la voce del Padre. C’è dunque un fatto, il battesimo di Gesù nel fiume Giordano, e un evento che accade, il battesimo nello Spirito Santo. Il fatto è conoscibile con i sensi l’evento solo con la fede. La parola dell’evangelista che descrive la scena ci permette di immaginarla, ma la voce del Padre ci fa intravedere il senso degli eventi. La Parola di Dio nella parola degli uomini ci offre la luce della fede in modo da osservare secondo l’ottica divina di Gesù.

L’annuncio dell’avvento del Cristo è confermato dalla voce di Dio che indica in Gesù di Nazaret «il Figlio mio, l’amato» nel quale egli ripone la sua benevolenza.

La parola di Dio rivela il senso della discesa dello Spirito Santo come colomba. Si tratta di una dichiarazione con la quale Dio consacra Gesù di Nazaret come Cristo perché egli è il suo Figlio amato la cui missione, come aveva già annunciato il Battista, consiste nel donare a tutti lo Spirito santo, ovvero la bontà di Dio.

Le parole di Dio rivolte a Gesù richiamano quelle dei salmi regali cantati durante la liturgia di incoronazione e insediamento del re che inaugura il suo regno.

Inizia nelle acque del fiume Giordano la via del Signore, annunciata dal profeta Isaia e ripresa dall’evangelista Marco nel prologo del racconto.

La voce dal cielo viene a chiarire che il fine del servizio di Gesù non è semplicemente ristabilire un ordine civile, ma permettere ad ogni uomo di entrare in intimità con Dio e chiamarlo «Padre mio».

L’annuncio dell’avvento del Cristo è confermato dalla voce di Dio che indica in Gesù di Nazaret «il Figlio mio, l’amato» nel quale egli ripone la sua benevolenza.

La parola di Dio rivela il senso della discesa dello Spirito Santo come colomba. Si tratta di una dichiarazione con la quale Dio consacra Gesù di Nazaret come Cristo perché egli è il suo Figlio amato la cui missione, come aveva già annunciato il Battista, consiste nel donare a tutti lo Spirito santo, ovvero la bontà di Dio.

Le parole di Dio rivolte a Gesù richiamano quelle dei salmi regali cantati durante la liturgia di incoronazione e insediamento del re che inaugura il suo regno.

Inizia nelle acque del fiume Giordano la via del Signore, annunciata dal profeta Isaia e ripresa dall’evangelista Marco nel prologo del racconto.

La voce dal cielo viene a chiarire che il fine del servizio di Gesù non è semplicemente ristabilire un ordine civile, ma permettere ad ogni uomo di entrare in intimità con Dio e chiamarlo «Padre mio».

MEDITATIO

Il Battesimo di Gesù, posto tra la proclamazione del Battista e quella di Dio, segna il passaggio dall’annuncio al compimento. Nel fatto storico che vede Gesù di Nazaret protagonista della vicenda trova compimento la profezia rappresentata dai due passaggi del popolo d’Israele, quello attraverso il Mar Rosso per fuggire dal Faraone, e l’attraversamento dello stesso fiume per entrare nella Terra promessa. Al contempo il segno visibile del battesimo di Gesù nell’acqua è anticipazione di quello nel sangue, altrettanto drammaticamente visibile, che si compirà sul Golgota. Nell’uno e nell’altro caso solo con il dono della fede è possibile riconoscere l’evento nel quale Gesù di Nazaret, il «più forte» del Battista, il Cristo e Figlio di Dio, battezza nello Spirito Santo.

Gesù si unisce alla schiera delle folle e si confonde in mezzo alle altre persone. Come Giovanni anche noi vediamo Gesù come un nostro fratello, uno come noi, che cammina con noi. Con la scelta di farsi battezzare accoglie l’appello di Dio e afferma davanti alla comunità di essere disposto a fare la Sua volontà. Lasciandosi immergere nell’acqua Gesù dice il suo primo «amen» al Padre, accetta di entrare a servizio di Dio stando in mezzo ai fratelli, condividendo con loro il cammino della vita.

Così anche il nostro battesimo è una prima scelta con la quale accogliamo Dio nella nostra vita e con Lui il dono della fede che ci trasforma interiormente e ci rende luminosi, capaci cioè di mostrare con il bene che compiamo la luce di Dio.

Nel nostro battesimo con l’acqua si compie lo stesso evento del battesimo di sangue di Gesù attraverso il quale Egli battezza nello Spirito Santo.

L’immersione nell’acqua del Giordano è il segno visibile della sua morte, ma ancora di più del suo amore per l’uomo. Gesù non è solo il compagno di strada che condivide con noi la fatica del cammino, ma è soprattutto Colui che è venuto per servire e dare la propria vita in riscatto per tutti. La morte, come quando ci si immerge totalmente nell’acqua, rende l’uomo invisibile, assente, silenzioso. Gesù ha vissuto sulla croce il dramma della morte di Dio e il dolore atroce della sua mancanza. Così Dio si è unito ad ogni uomo facendosi servo nudo e inutile sulla croce.

L’ultima parola non è il silenzio della morte ma il vangelo della vita. La morte di Gesù è veramente l’atto di forza più grande che si possa compiere perché è l’atto di amore più alto: servire e dare la vita. Gli effetti del battesimo in Spirito Santo non tardano a venire. Come Gesù, uscendo dall’acqua del Giordano vede i cieli squarciati così alla sua morte si squarcia il velo del tempio, quello che separava il mondo degli uomini da quello di Dio. Con la morte di Gesù sulla croce è definitivamente aperto il passaggio dalla schiavitù alla libertà, dalla morte alla vita, dal peccato alla grazia.

Il Centurione è il primo battezzato nello Spirito Santo a cui seguiranno tutti quelli che si faranno battezzare nella Chiesa. Nel soldato romano ciascun uomo può identificarsi perché tutti davanti a Gesù possiamo dire di essere, come il Battista, servi indegni, eppure destinatari del dono gratuito del suo immenso amore. Illuminati dal dono della fede gli occhi del Centurione non vedono solo un condannato ma il Figlio di Dio. La sua è la testimonianza di fede che non nasce dall’aver assistito ai miracoli o dall’essere stato convinto dall’evidenza dei prodigi ma dall’essere stato guarito nel cuore dalla forza dell’amore.

Lo Spirito Santo che scende dall’alto della croce ed effuso dal Crocifisso, squarcia le tenebre del peccato e spalanca le porte del cielo. La morte di Gesù, quale atto di amore e di servizio di Dio all’uomo, inaugura la vita nuova nella quale ogni persona diventa cristiano perché figlio di Dio.

La professione di fede del Centurione è voce della Parola che Dio rivolge a tutti: tu sei mio figlio, l’amato. Questa parola non è semplicemente un suono, ma ha la forza di consolare chi è nel lutto, guarire chi soffre nella tristezza, liberare chi è schiavo della rabbia, sostenere chi è nella confusione, recuperare chi si è smarrito, risuscitare chi è morto.

Il Battista aveva parlato di Gesù mentre nel suo battesimo Dio parla con lui. Quanto più ci si unisce agli uomini soprattutto nel mistero del dolore tanto più intimo e personale diventa la relazione con Dio. L’identità non è caratterizzata dalla qualità delle proprie competenze o dalla forma che assume il fare, ma dalla relazione con Dio.

Nel momento in cui Gesù muore sulla croce si squarcia il velo del tempio e il centurione, vedendolo morire (pregando) dice: «Quest’uomo era veramente il Figlio di Dio». Quello che Gesù è veramente appare chiaro a tutti nel momento della morte e dal modo con cui muore. La morte non è la parola fine è non è l’ultima parola per il Figlio di Dio. Come la voce del Padre, così anche la risurrezione è un evento che cambia la vita interiore, ossia i nostri pensieri che determinano il modo di vivere le relazioni con gli altri. La parola del Padre e il dono dello Spirito Santo sono donati attraverso Gesù a tutti gli uomini. Dio ci adotta come figli suoi e, come tali, ci offre il dono più prezioso che consiste nell’amarLo e amarci tra fratelli come siamo amati da Lui.

Anche noi siamo chiamati da Gesù a seguirlo sulla stessa via che parte dal battesimo con l’acqua per giungere a vivere quello del sangue, non come un fallimento o una condanna, ma come il modo più alto per amare.

ORATIO

Signore Gesù, sorgente di acqua viva

che sgorga dal cuore del Padre,

bagna e feconda la terra

bruciata dall’odio

desertificata dall’avidità

impoverita dall’ingiustizia.

Signore Gesù, sei il vero Giordano,

«Colui che scende» nella morte,

e ti immergi nella storia del mondo

per sanarne le amarezze,

per aprire una strada nuova

che rinnova la vita,

per dare ad ogni uomo

la possibilità di rinascere.

Signore Gesù, umile servo di Dio

e amico fedele degli uomini,

trasforma le armi di morte in utensili di pace,

cambia il cuore dell’uomo

perché i suoi pensieri

siano conformi al volere di Dio,

e i contendenti s’incontrino,

i nemici si riconcilino,

le famiglie si riuniscano

attorno all’unica mensa fraterna.

Signore Gesù, sei la Sapienza

che tutto crea con la potenza della Parola,

immergici nel fuoco dello Spirito

che brucia nell’Amore le scorie del peccato,

che unge con l’olio della gioia e della consolazione

i messaggeri di pace e di riconciliazione

che raduna i dispersi nell’unità della fraternità ecclesiale

per essere artigiani creativi di comunità solidali.

Amen.