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XXXI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

Sap 11,22-12,2   Sal 144   2Ts 1,11-2,2  

+ Dal Vangelo secondo Luca (Lc 19,1-10)

Il Figlio dell’uomo era venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto.

In quel tempo, Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zacchèo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là.

Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zacchèo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!».

Ma Zacchèo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto».

Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Lectio

Nel fatto conosciuto l’evento imprevedibile: l’incontro con l’Amore che cambia la vita

Domenica scorsa uno dei protagonisti della parabola era un pubblicano che, entrato nella casa di Dio, non osava alzare gli occhi consapevole della sua colpa e, battendosi il petto, chiedeva umilmente il perdono. La preghiera dell’umile peccatore, a differenza di quella dell’orgoglioso fariseo che si riteneva già giusto, ottiene la salvezza.

Il protagonista della pagina evangelica di questa domenica è Zaccheo, pure lui pubblicano, anzi il capo dei pubblicani, e perciò ricco. Anche lui è di Gerico come il cieco che, da mendicante lungo la strada, diventa seguace di Gesù dopo averlo incontrato ed essere stato da lui guarito. Il grido del cieco, con cui attira l’attenzione di Gesù perché abbia pietà di lui restituendogli la vista, richiama la preghiera del pubblicano che viene accolta perché umile e non ostentata. Il pubblicano Zaccheo non è mosso dal desiderio di essere guarito o perdonato ma da semplice curiosità, perciò, si prefigge l’obbiettivo di riuscire a vederlo, non di incontrarlo. La folla funge ancora da ostacolo, come lo era stato in un primo momento per il cieco. Infatti, proprio i discepoli seguaci di Gesù avevano ostacolato la comunicazione tra lui e il cieco intimando il silenzio; ora la folla rappresenta un blocco e funge da barriera che respinge. La folla da una parte rappresenta la legge, le cui esigenze e condizioni sono un perenne monito ad essere all’altezza delle aspettative di Dio, dall’altra simboleggia quelle comunità chiuse e rigide. Esse, ripiegate su sé stesse e concentrate nell’eseguire le norme, diventano tornelli che selezionano o addirittura impediscono il contatto con Gesù. Sono comunità o persone per le quali non c’è tempo e spazio per ascoltare, ma solo per eseguire. Anche Zaccheo, pur essendo ricco, è un povero che la comunità mantiene tale impedendogli di soddisfare il desiderio che porta dentro di sé. La folla ricorda a Zaccheo che nonostante la sua ricchezza egli rimane piccolo. Avverte il costante giudizio delle persone e si sente respinto perché non “all’altezza” delle esigenze di coloro che impongono pesanti fardelli sugli altri.

Quello che spinge Zaccheo a cercare Gesù si rivelerà l’inizio di una chiamata che parte da lontano e la cui origine è sconosciuta all’uomo stesso. Per soddisfare la sua curiosità egli precede la folla e si arrampica su un albero di sicomoro. Questo gesto contiene due aspetti che afferiscono all’umanità e alla spiritualità di Zaccheo. La soluzione al problema trovata da Zaccheo è equivalente all’atteggiamento di chi, sentendosi poco stimato, prende iniziative solitarie pretendendo di superare gli ostacoli arrampicandosi. L’uomo sul quale viene puntato l’indice spesso reagisce diventando lui stesso giudice e ponendosi in una posizione di superiorità. Questo non fa altro che allargare la distanza, aumentare la separazione e rendere più difficile l’incontro. Dall’altra parte notiamo che, come il pubblicano della parabola, anche il suo collega di Gerico sale; a modo suo anche Zaccheo prega. Infatti, come il desiderio di vedere Dio muove i passi del pellegrinaggio verso tempio, così la volontà di vedere Gesù suggerisce di arrampicarsi.

Zaccheo, sapendo il luogo dal quale Gesù sarebbe passato, attende un evento umanamente prevedibile. Gesù nell’evento previsto lo sorprende con l’imprevedibile. Giunto sul luogo, alza lo sguardo e rivolgendo la parola a Zaccheo gli chiede di scendere subito manifestandogli la volontà di dimorare a casa sua.

Il luogo conosciuto e l’evento previsto è la croce. Una cosa è sapere che Gesù è morto in croce ed assistere all’evento da lontano, altra cosa è sentirsi chiamati non per essere giudicati ma per essere invitati ad una comunione più stretta perché amati.

Gesù sale sulla croce non per giudicare ma per scendere fino agl’inferi della solitudine dove sono relegati i condannati da coloro che si eleggono fedeli interpreti della legge e si ergono a suoi perfetti esecutori. Zaccheo sperimenta l’inedito perché incrocia lo sguardo di Gesù che dal basso della sua stessa solitudine lo guarda comunicandogli il suo amore. È lo sguardo del servo che ama il suo padrone e lo cerca. Zaccheo è l’uomo che nell’incontro con il crocifisso comprende il valore salvifico della croce: Cristo è morto per me, peccatore. Lì Zaccheo, attraverso lo sguardo di Gesù dal basso, scopre che non è condannato da Dio, ma cercato e amato. Lì ha compreso che nel dolore non è solo ma Gesù lo sta chiamando per uscire dalla schiavitù dell’isolamento e per entrare insieme nella casa della comunione.

L’incontro imprevedibile col Crocifisso, il servo di Dio e dell’uomo, attiva un processo di conversione che avviene, prima ancora che a livello mentale, sul piano del cuore percepibile dall’emozione della gioia. La gioia segnala non l’ottenimento di qualcosa ma l’incontro significativo con qualcuno che mi ama. La gioia di essere amati fuga la paura di essere giudicati e abbatte le barriere della diffidenza e della vergogna. Alla fuga e agli sforzi per arrampicarsi si sostituisce la fretta con la quale Zaccheo scende verso Gesù e l’entusiasmo con il quale lo accoglie nella propria casa.

Torna in scena la folla, i “tutti” che all’unisono esprimono ancora un severo giudizio ed esternano lo scandalo nel vedere Gesù a casa del peccatore. Sono quelli che si scandalizzano della croce perché per loro è inconcepibile che Dio muoia con i peccatori. È lo scandalo della croce suscitato dalla Pasqua in cui Dio muore in croce come, con e per i peccatori. La folla, al contrario di Zaccheo, ha visto Gesù senza lasciarsi incontrare da Lui. Accogliere Gesù significa aprirgli le porte della propria interiorità, farlo sentire di casa e sentirlo come vero familiare.

L’incontro con Gesù ci fa cambiare punto di vista verso Dio, noi stessi e gli altri, ma non necessariamente cambia il punto di vista degli altri nei nostri confronti. La grazia di Dio rinnova la vita interiore, non necessariamente le condizioni esterne alla vita stessa. L’ostilità esterna non scompare, ma addirittura s’intensifica.

La massa giudica stando fuori e pretendono di fissare, come in una foto, l’immagine esteriore mentre non coglie che la vita interiore sta maturando verso il suo compimento. Per quelli di fuori, inclini nel giudizio a rendere permanente ciò che è passeggero e assoluto ciò che è semplicemente un particolare, Zaccheo rimane sempre un peccatore.

Per Gesù invece è uno dei figli di Abramo nei quali si compie, come nel patriarca, la promessa di Dio. L’evento salvifico che rinnova l’uomo si mostra nell’atteggiamento di Zaccheo che non si arrampica per dimostrare di saper superare da solo gli ostacoli, ma si alza per cercare i poveri che sono più in basso di lui, per condividere con loro i suoi averi e per riparare il danno arrecato a quelli che ha frodato restituendo quattro volte tanto il maltolto. È cambiato in Zaccheo il suo punto di vista che è lo stesso di Gesù che non guarda dall’alto con occhi altezzosi per cercare il particolare scandaloso da stigmatizzare, ma dal basso per cercare e accogliere i più poveri tra i poveri. Zaccheo, reso “puro” dall’incontro con Cristo, da piccolo uomo schiavo della legge del potere diventa grande uomo che mette in pratica la legge della Carità.

Meditatio

Incroci di sguardi

Zaccheo è uno di pubblicani e peccatori che erano attirati da lui, non già per un bisogno particolare, come poteva essere quello del cieco, ma dalla curiosità. A ben vedere anche questa è una forma di “ispirazione” dello Spirito Santo. Pure Zaccheo, benché sia considerato l’emblema del peccatore, dirà Gesù, è figlio di Abramo e come tale ha ricevuto per grazia la promessa, cioè il dono della speranza. Anche se non ne è consapevole, anche il capo dei pubblicani di Gerico, come tutti coloro desiderano incontrare Gesù, è mosso dallo Spirito. Alla luce di questa verità, celata tra le righe del racconto e che poi viene portata alla luce dalle parole di Gesù, anche noi siamo chiamati a discernere i nostri desideri e a distinguere le nostre speranze per riconoscere quelle che sono ispirate dallo Spirito e quelle che appartengono alla carne. Zaccheo è un peccatore come tutti perché ha in sé stesso la tendenza all’avidità, a porre le sue certezze nei beni terreni. Tuttavia, è anche figlio di Dio nel quale abita lo Spirito.

L’incontro avviene nell’incrocio di sguardi, non per caso ma perché voluto da Gesù. Zaccheo avrebbe colto ben poco di lui se non avesse voluto farsi incontrare alzando lo sguardo. Il capo dei pubblicani scopre di essere conosciuto per nome e apprende l’intenzione di Gesù di fermarsi a casa sua. Per Zaccheo è una vera e propria rivelazione. Gesù inizia a mostrarsi, attraverso uno sguardo amico e rassicurante. Zaccheo si sente riconosciuto nella sua dignità e amato per quello che è. Non c’è alcun giudizio, ma solo la manifestazione di una necessità: Gesù desidera abitare la casa degli uomini con gli uomini. Non vuole essere servito, ma accolto come amico con il quale condividere quello che si ha e quello che si è.

Zaccheo incontra lo sguardo di Gesù che, pur essendo ricco si è fatto povero e pur essendo Signore del mondo si è abbassato alla condizione di servo dell’uomo. In quello sguardo e nelle parole che Gesù gli rivolge, scopre un mondo totalmente nuovo in cui è rovesciato l’ordine dei valori. Gesù lo invita ad entrare nel suo Regno in cui il più potente non è chi comanda ma chi serve e grande non è colui che più possiede, ma quello che più ama. Infatti, Egli viene non per esigere ma per servire, per-donare, per dare la sua vita. Gesù è quel pastore che va in cerca della pecora sperduta per recuperarla e riportarla a casa e che poi fa festa insieme con gli amici. Zaccheo incontrando Gesù, comprende che arrampicarsi sugli altri per salire i gradini della scala economica e sociale non gli procura la stessa gioia dello scendere per fermarsi insieme con i fratelli, aprire la sua casa ai più bisognosi e condividere i suoi beni con i poveri.

La risposta di Zaccheo è entusiasta. Non si fa tanti problemi come quando ci viene chiesto di coinvolgerci in una iniziativa e di prenderci delle responsabilità. Zaccheo viene trasformato dallo sguardo di Gesù, infatti, non ragiona più secondo la logica del guadagno, ma quello del dono. Zaccheo con gioia risponde alla richiesta di Gesù, con disponibilità gli apre la casa e con generosità condivide i suoi beni.

Domandiamoci se i nostri incontri con il Signore trasformano il nostro modo di pensare oppure se, guardati e chiamati dal Signore, rimaniamo sul sicomoro in attesa di capire quello che è più conveniente fare.

La folla fa massa ma rimane ferma, Zaccheo invece è dinamico, si mette in gioco, anche se all’inizio con motivazioni non molto nobili. Ma che importa! Anche la curiosità può essere una scintilla accesa nel cuore dallo Spirito. Zaccheo non si è rassegnato alla sua condizione e alle difficoltà rese più dure dai suoi limiti, ma ha seguito “l’ispirazione”.

L’incontro con Gesù e la convivialità con lui diventa il momento non solo per capire ma anche per mettere in pratica quell’ispirazione iniziale. Con Gesù, che è venuto a cercare e salvare chi è perduto, anche Zaccheo comprende che la gioia vera consiste nell’osare. Bisogna osare sfidare i pregiudizi, abbandonare la logica dell’utile e abbracciare quella della condivisione e della solidarietà.

Oratio

Signore Gesù, ti cerco per vederti ma mi ostacolano le mie fragilità il cui limite imputo a coloro che reputo la causa delle mie frustrazioni. Aiutami a non soccombere sotto il peso dei complessi e liberami dalle fissazioni persecutorie. Donami quello scatto di sano orgoglio e la giusta furbizia per non arrendermi alle mie paure ma per trovare strade nuove, forse inedite e apparentemente strane, per seguire la voce dello Spirito anche se si fa sentire attraverso la semplice curiosità. Che non ti cerchi solo per soddisfare i miei desideri ma per incontrarti lasciandomi vedere senza nascondermi dietro inutili giustificazioni. Mi inviti a stringere con Te legami di amicizia sempre più solidi. Fa che la gioia di sentirmi amato gratuitamente mi spinga ad aprire il mio cuore a tutti per condividere, soprattutto con i più poveri, la ricchezza della misericordia che hai generosamente elargito dall’albero della croce. 

Anche io, Signore, sono davanti a Te

ora Tu sei sull’albero della Croce

e io in basso tra la folla

che fa massa e ancora soffoca

il mio desiderio di vederti.

C’è chi passa indifferente,

chi distrattamente getta uno sguardo,

ma poi tira dritto per la sua strada,

chi impreca, chi manifesta la sua rabbia,

chi baratta il suo futuro,

chi è intento a scrivere sentenze,

chi fa il profeta, chi s’interroga sulla vita.

Io sono qui giù con gli occhi verso Te;

anche io ora,

come tu quel giorno hai fatto con me,

guardo dal basso.

La mia piccolezza non mi fa paura

perché ho capito,

dal momento che ti ho incontrato,

che quello è il punto di vista più vero

quello dal quale tutto appare amabile.

Quando distolgo gli occhi da Te

mal sopporto la mia piccola statura,

ma ancor di più le bassezze in cui cado.

Quanto più mi fanno notare

di non essere all’altezza

tanto più fuggo e mi arrampico

avventurandomi nelle scalate

dell’ambizione o della trasgressione,

o semplicemente salendo

sullo scranno del giudice.

Quando sono giudicato e mi giudico

mi trovo davanti muri invalicabili

e specchi che mi rimandano la mia miseria.

Io cercavo di vedere te

senza essere visto da te.

Io cercavo te,

ma Tu hai trovato me.

Nei tuoi occhi ho visto il mio nome,

Tu sei “puro”,

nella tua voce ho ascoltato

ciò che il mio cuore cercava.

Dopo avermi guarito gli occhi del cuore,

con il quale vedere tutto amabile

e non scegliere ciò che è appetibile,

anche io ti chiedo di scendere

e abitare nella mia casa.

Donami lo sguardo dei piccoli

che non vanno in cerca di cose grandi,

superiori alle loro forze,

ma fanno amicizia con i poveri

quelli che non possono restituire nulla

ma permettono di scoprire

la gioia dell’amore gratuito.