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Saluto di S.E.R. Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo all’inizio della Celebrazione per l’Ordinazione Episcopale di S.E.R. Mons. Biagio Colaianni

All’inizio della celebrazione eucaristica ringraziamo il Signore per la gioia che ci apprestiamo a vivere attraverso la consacrazione episcopale di Mons. Biagio Colaianni ad Arcivescovo Metropolita di Campobasso-Boiano. La mia gratitudine va al S. Padre, Papa Francesco, che ha scelto un figlio prete di questa Chiesa da inviare in quella di Campobasso-Boiano.

Saluto ognuno di voi e in particolare tutti i confratelli vescovi qui presenti e quanti sono spiritualmente in comunione manifestando la loro gioia e vicinanza. Un saluto particolare al neo eletto vescovo di S. Marino-Montefeltro, Mons. Mimmo Beneventi, figlio dell’Arcidiocesi di Acerenza.

Ringrazio e saluto l’Episcopato dell’Abbruzzo e del Molise, per la sua presenza, in particolare P. Giancarlo Bregantini. Le Dioincidenze non finiscono mai. Con te sono cresciuto e ho lavorato nella Chiesa di Crotone- S. Severina, condividendo gioie e dolori, sotto la guida sapiente del grande pastore, buono e fedele, qual è stato Mons. Giuseppe Agostino. Abbiamo in comune la data dell’annuncio episcopale: il 12 febbraio. Il 07 aprile 1994, preparai, guidando la liturgia della tua ordinazione episcopale nella Basilica Cattedrale di Crotone.  Saluto l’episcopato della Basilicata, in particolare Mons. Salvatore Ligorio, mio predecessore, padre amato dal clero di Matera –Irsina e dal popolo santo di Dio, giunto al termine del suo mandato episcopale dopo oltre 25 anni di servizio su tutto il territorio lucano, che ha servito con amore e dedizione totale, senza mai risparmiarsi. Domani ricorre il suo 26° anniversario di consacrazione episcopale.

Saluto in particolare il nuovo Prefetto di Matera, S. E. Cristina Favilli, in rappresentanza governo regionale regionale l’Assessore Cosimo Latronico, tutte le autorità, civili e militari, qui presenti, per la loro attenzione e fattiva partecipazione nell’organizzazione di questo evento ecclesiale. Così come saluto i sindaci di Campobasso, di Boiano, di Campo di Giove e di Scanno.

Saluto soprattutto voi, popolo santo di Dio, presenti in questo luogo e nella chiesa dell’Addolorata, e quanti ci state seguendo da casa, soprattutto anziani e ammalati, attraverso la diretta televisiva grazie al servizio di TRM della nostra città, TeleMolise.

Sento di salutare i fedeli dell’Arcidiocesi di Campobasso-Boiano, qui convenuti, dopo un lungo viaggio. Benvenuti tra noi. Da oggi le nostre Chiese locali, per il dono di Don Biagio, saranno più vicine e unite. Infine, un saluto speciale va alla famiglia di Don Biagio: al fratello Nicola con sua moglie Anna Grazia e i figli Valeria, Pierluigi e Alessandro, alla sorella Teresa con il marito Michele e i figli Gianluca, Piergiorgio, Giulio, al fratello Enrico con la moglie Flavia e i figli Sara e Pietro, infine la sorella Marilena con i marito Emanuele e la figlia Isabella. Ma anche un grazie ai confratelli sacerdoti e ai laici che in questo tempo hanno lavorato ininterrottamente con passione, amore e sacrificio per coordinare ogni cosa, così come al Coro Diocesano che anima questa liturgia. Grazie a tutti.

Omelia di S.E.R. Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo nella Solenne Concelebrazione dell'Ordinazione episcopale di S.E.R. Mons. Biagio Colaianni

Carissimi,

ogni azione liturgica trova il suo fondamento nella Parola celebrata attraverso la sua proclamazione e meditazione perché si incarni in noi e risplenda come un faro nel luoghi dove Dio, accompagnandoci, ci invia.

C’è una storia umana che siamo chiamati a conoscere per fare memoria e imparare a costruire un’umanità nuova e, nel contempo, diversa proprio alla luce del passato, perché quella storia fa ormai parte di un presente che ci proietta al futuro.

Ma c’è una storia della salvezza che continua nel tempo di Dio alla quale, di generazione in generazione, siamo chiamati e di essa nutrirci con lo stesso desiderio e passione di chi, avendo fatto esperienza diretta dell’incontro con il Signore del tempo e della storia, Gesù Cristo, ci ha preceduto. E’ la storia dell’incarnazione che, oggi più che mai, rivela e mostra il venire di Dio in questo momento e qui: il Dio con noi.

Se guardiamo la storia dell’umanità attuale cogliamo come questa vive la crisi di un amore frantumato dall’egoismo, dall’opportunismo, dall’ingiustizia, dalla guerra; di una fraternità che, degenera in divisioni perché l’io non è capace di incontrare il tu ed entrare in quella fecondità del noi capace di spezzare ogni spirale di odio e violenza. E’ quanto succede anche nella Chiesa, purtroppo, quando gli interessi personali prevalgono su quelli comunitari. E, nonostante ciò, cogliamo l’amore grande, passionale di Dio verso la sua Sposa che a volte trova tiepida e disincantata. Una Sposa che dai suoi figli ha bisogno di continue cure per essere sanata dalle tante malattie che, come lebbra, rendono impuri la mente e il cuore.

E’ quanto abbiamo sentito nella prima lettura, in concomitanza con la festa della Madonna di Lourdes, alla quale Mons. Biagio Colaianni è particolarmente devoto, e che quest’anno coincide con la Domenica. La stessa scelta della data di ordinazione, con il vespro, ha avuto questo fondamento mariano.

Il Signore vuole guardare ognuno di noi negli occhi per ripeterci la più bella e meravigliosa dichiarazione d’amore: “Tu sei prezioso/a ai miei occhi”. Lo dice in modo particolare a te, carissimo D. Biagio, perché i tuoi occhi, soprattutto ora da vescovo, diventino più limpidi e pieni della luce di Dio. Da pastore della Chiesa di Campobasso-Boiano, dove vieni inviato, sei chiamato a guardare la Sposa di Cristo, che è anche tua, e, facendoti sua voce, ripetere ad ognuno singolarmente e a tutti comunitariamente: “Tu sei prezioso agli occhi di Dio, di conseguenza anche ai miei”.

Nei tre uffici che il ministero episcopale impone – tria munera: (insegnare) annuncio, (santificare) celebrazione, (governare)comunione/carità -, si ascolta la voce dello Spirito a scegliere come convertire il cuore e i suoi gesti all’azione di colui che è chiamato a rendere presente Gesù oggi. In questi tre uffici viene superata la prospettiva dei poteri e della visione gerarchica della Chiesa e recuperata la dimensione di evangelizzazione in una continua tensione feconda con la dimensione sacramentale e comunionale della Chiesa. In tutto questo il vescovo è, nella Chiesa e per la Chiesa a lui affidata, punto d’incontro e di comunione fraterna, punto di fuga di unità, pluralità e complementarietà ministeriale.

Nella prima lettura ci viene presentato l’atteggiamento che il popolo doveva assumere verso chi aveva contratto la lebbra: allontanarlo dalla vita sociale e religiosa, e destinato così a una morte lenta e infamante in quanto la malattia era considerata conseguenza del peccato. Questo è quanto prescriveva la legge. Il brano del vangelo racconta l’incontro di Gesù con un lebbroso. Questi va incontro al Maestro e Signore, rompendo ogni schema proibito: si fida di lui perché percepisce che è l’unico che non lo giudica.

Una scena drammatica e commovente: ognuno dei due va incontro all’altro fino al contatto fisico che guarisce la carne e lo spirito di chi era ritenuto peccatore, quindi non meritevole di stare in comunità e della pietà e misericordia. Gesù lo tocca, andando contro ogni prescrizione di una legge discriminatoria, e lo guarisce: “Lo voglio, sii purificato”, e così, secondo le norme religiose del tempo, si contagia con il peccato, diventa impuro pur di prendere su di sé la sofferenza dell’uomo. La cosa straordinaria è esattamente questa: attraverso il contatto fisico è l’uomo che viene contagiato dall’amore di Gesù.

Ognuno di noi potrà dire di conoscere per davvero Dio solo se ha fatto una scelta: lasciarsi toccare da lui e toccarlo a sua volta. Bisogna permettere all’Altro di contaminarci con la potenza dell’amore divino che guarisce e cambia la storia personale e comunitaria.

Come Dio ci ha creati, plasmati e amati, così il ministero episcopale dev’essere espresso in questo servizio a favore di ogni creatura perché sia plasmata e amata, consapevole di avere sempre davanti uomini e donne che chiederanno di essere guarite con quella grazia divina che la pienezza del sacerdozio fa esprimere nella gratuità. Questo è quanto ti dice, carissimo D. Biagio, Colui che ti ha chiamato, questo è quanto esige il tuo ministero episcopale.

Se tanta è la premessa, il seguito diventa ancor più responsabile e impegnativo nella piena coscienza che tu appartieni al Signore che ti ha scelto, chiamato e inviato, così come ti appartiene il popolo che ti è stato affidato. In una sorta di familiarità e autorevolezza ti sentirai incoraggiato a non avere paura di toccare i nuovi lebbrosi della nostra storia. D’altronde la paura blocca il rapporto con Dio, con il presbiterio e con i fedeli. Chi in un modo chi in un altro, viviamo un tempo in cui siamo contagiati dai virus contro l’umanità e la spiritualità, così, fratricidi, pieni di pregiudizi e di ingiustizie, di discriminazioni, di guerre.

Mi ritorna in mente una frase del profeta Isaia che dice: “Se dovrai attraversare le acque, sarò con te, / i fiumi non ti sommergeranno; / se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scotterai, / la fiamma non ti potrà bruciare”.

Ricordati che sei rivestito della grazia di Dio e che sarai sostenuto sempre dalla potenza dell’amore divino nel mentre devi fare i conti con la carne di tutti che, come acque impetuose e fiamme di fuoco, si abbatteranno su di te. Tu sai che la legge di Gesù è quella dell’amore, l’unica che rivela il vero volto di Dio che guarisce la vita. Per il Signore l’uomo vale più di qualsiasi altra legge o pregiudizio. Ogni forma di discriminazione, legalizzata o meno, viene annientata, abbattendo steccati e barriere che l’egoismo umano ha innalzato.

E proprio in questi momenti Dio dilata gli spazi dell’amore rafforzando la fecondità di ogni ministero, del tuo ministero.

              Un secondo aspetto importante da sottolineare ci viene offerto da S. Paolo, nella seconda lettura. Ciò che unisce Paolo alla sua comunità è il Vangelo che ha annunciato e deve continuare a proclamare. Entrambi, Paolo e la comunità, trovano il fondamento della loro fede nell’annuncio della risurrezione dei morti. L’annuncio della salvezza trova nella passione, morte e risurrezione di Gesù Cristo, la sua forza e certezza, purchè non sia manipolato per interpretazioni personali o convenienti. L’ortodossia della fede, espressa nella professione di fede che fra poco faremo, va salvaguardata e preservata in tutta la sua genuinità in modo immutabile nel tempo.

              Paolo ci tiene a sottolineare: “A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch’io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture e che apparve a Cefa e quindi ai Dodici”. Nella tradizione apostolica ciò che è stato ricevuto viene trasmesso custodendolo con fedeltà. Sottolineo un solo dato che mi sembra estremamente importante: la risurrezione di Gesù è una realtà storica di cui solo chi ne ha fatto esperienza è capace di esserne testimone. E’ esattamente nella vita degli apostoli che Gesù si è mostrato vivo dopo aver distrutto la morte, tant’è che gli stessi predicano e divengono garanti della fede.

              Carissimo D. Biagio, anche tu come gli apostoli, come Paolo, da oggi avrai questo dolce e gravoso impegno nell’annunciare il cuore della nostra fede, aiutando ogni fedele, ogni sacerdote, ogni diacono, ogni religioso/a ad essere coerenti testimoni della Parola che diffondono e del Credo che professano. E svolgerai la tua missione nella piena consapevolezza che tu sei “il più piccolo tra gli apostoli e non sei degno di essere chiamato apostolo”. Ma Dio ti ha scelto e ti ha inviato, nella successione apostolica a guidare la porzione di Chiesa di Campobasso-Boiano, dopo P. Giancarlo Bregantini. So che sei cosciente, che “Per grazia di Dio, però, sei quello che sei, e la sua grazia in te non è stata vana”.  E’ questo d’altronde il motto episcopale che hai scelto e che accompagnerà il tuo ministero apostolico.

              Che tu, ora, sei diventato apostolo, è pura grazia che ti accompagnerà durante tutto il tuo ministero mentre accompagnerai il presbiterio ascoltandolo, condividendo la storia di ciascuno fatta di gioie e dolori, di dispiaceri e soddisfazioni, di delusioni e ribellioni, di incomprensioni e giudizi, di lacrime e sorrisi. Con loro, come Paolo, sostenuto dalla stessa grazia, ti umilierai e ti innalzerai.

Così accompagnerai anche ogni singolo fedele entrando nella sua vita, condividendo la storia personale, le attese e le spernnze, curandone le ferite a volte inferte in modo impietoso e ingiusto.

Questo è il Vangelo che si fa carne e che non si è inventato da solo ma continua ad essere trasmesso con lo stesso fervore, fiducia e speranza, fino alla fine dei tempi.

Carissimo Don Biagio, sei chiamato ad entrare nel recinto grande della Chiesa, a chiamare a raccolta il tuo gregge che il guardiano, il Papa, ti ha affidato perché, in questo tempo così duro e difficile, tu lo accompagni nel cammino che farete insieme. Mediterai le parole che rivolgerai alla tua Chiesa e le vivrai per primo sulla tua pelle perché diventino più condivisibili e più convincenti.

Sarai guardato con gioia ed entusiasmo dal tuo gregge che ascolta la tua voce, ma anche con sospetto e giudizio.

Conserva la tua lealtà e il coraggio nell’essere pastore che dà la vita per il suo gregge e, sempre sostenuto dall’ardore della preghiera, così come hai sempre fatto da prete nei diversi compiti che la Chiesa ti ha affidato; accogli quanto lo Spirito Santo ti suggerisce, non per accontentare (né preti, né fedeli) ma per tutti e ognuno sulla strada maestra, la via del Vangelo che è Gesù stesso, annunciando la Verità che fa veramente liberi da antiche e nuove schiavitù, ricevendo la Vita divina che si è fatta carne come nutrimento, cibo di vita eterna.

Ti affidiamo alla Madonna di Lourdes, della Bruna e alla Madonna Santissima Addolorata che, nella diversità dei titoli, come Madre degli Apostoli, pregherà con te e per la tua amata Chiesa.

Ti proteggano S. Bartolomeo, S. Eustachio, S. Giovanni da Matera, S. Eufemia, S. Potito e S. Pancrazio nel tuo ministero apostolico. Ti affidiamo al venerabile Mons. Raffaello Delle Nocche e al Venerabile P. Immacolato Brienza, tanto caro ai fedeli di Campobasso: ha vissuto 52 anni nel letto della sofferenza ed è stato consigliere segreto di tanti vescovi, anche del Nord Italia. I tuoi cari genitori, Pietro e Gina, esultano insieme alla Chiesa celeste che entra in comunione con noi, Chiesa terrena.

Quanto dissi il giorno dell’ordinazione episcopale di Mons. Rocco Pennacchio, ripeto a te: alla prossima festa della Madonna della Bruna, il 02 luglio (te lo dico a nome di tutta la nostra Chiesa), sarai tu a presiedere il solenne pontificale. Così sia.