Cari sacerdoti e diaconi, consacrati e consacrate, e voi tutti, amato Popolo di Dio!
la Chiesa di Matera-Irsina oggi è in festa. Siamo qui convenuti, o meglio ancora siamo stati convocati dal Signore, per celebrare la sua fedeltà a noi, attraverso l’istituzione di un nuovo ministro-servitore per il Suo Popolo santo. La Parola che abbiamo ascoltato, ci ha dato delle indicazioni ulteriori sul come vivere il presente e questo stesso momento che celebriamo.
Il genere letterario è quello apocalittico, ma nel senso autentico del termine. Per noi apocalittico è tutto ciò che è minaccioso, distruzione, fallimento, perdizione; per la Scrittura invece, è qualcosa di rivelatorio, uno svelamento del disegno ultimo. Più che parlare della fine della storia, si parla del fine e del senso della storia.
La sorte del Tempio di Gerusalemme, che dalla descrizione di Giuseppe Flavio era una meraviglia irresistibile (distrutto effettivamente da lì a pochi anni), è il punto di partenza del discorso di Gesù. “Di tutto questo, non rimarrà pietra su pietra!” Uno shock per gli uditori. Non rimarrà pietra su pietra; tutto verrà distrutto, ci saranno assedi, trincee, distruzioni, persecuzioni etc.
In modo particolare, il Tempio di Gerusalemme non era solo un luogo di incontro con Dio, bensì IL luogo della Presenza; affermare che verrà distrutto, significa che non c’è più Il luogo, non si sa dove incontrare il Dio d’Israele, quindi un “non luogo”. Si rimane senza centro d’identità, senza un luogo per vivere il culto, siamo nello smarrimento. È tremendo questo! Gesù però rincara la dose: ci saranno guerre, rivoluzioni, nazioni contro nazioni, eventi naturali catastrofici. Tutto sembra una distruzione.
Se apocalittico significa rivelatorio, esiste la Buona novella nel discorso del Signore Gesù. Non si tratta di negare la dimensione della distruzione, degli sconvolgimenti ma di guardare il tutto dalla prospettiva di Dio, cioè con occhi nuovi. Ai suoi contemporanei, e a noi oggi, viene rivolto l’invito a guardare con occhi nuovi. Senza uno sguardo nuovo, rimaniamo nel terrore e nello sconvolgimento.
Non temete, sembra dire Gesù, non è tanto il tempio fatto di pietre e ornamenti che indica la Presenza, Dio in mezzo a voi, il luogo della Presenza siete voi. Il tempio di pietra è costruito per richiamare il simbolo della Presenza, ma la presenza consistente di Dio è l’uomo, abitato dallo Spirito di Dio. Potrebbe non rimanere pietra su pietra della chiesa fatta di mattoni, ma questo non significa ancora assenza della Presenza, cioè di Dio. Perché il vero “non luogo” non sono tanto le rovine di un tempio, ma è ogni luogo dove non si è amati, ogni luogo dove non vi è l’amore. Ogni uomo non amato è “non luogo” esistenziale! Ed è questo che dobbiamo temere di più, è questo che dobbiamo evitare il più possibile!
Si, lo dico come un paradosso: questa cattedrale, la basilica di s. Pietro, valgono meno della vita di un uomo non amato, che vive nell’inferno della disperazione e dell’abbandono, del non amore! Oggi è la giornata mondiale dei poveri, i prediletti del Signore, quasi per ricordarci di non lasciare le loro esistenze come dei tempi diroccati ma di curarli e riconoscervi il Signore.
Ad ogni affermazione di distruzione e devastazione umana, corrisponde una buona notizia: non vi terrorizzate, non sarà subito la fine, avrete occasione di dare testimonianza, vi darò parola e sapienza, nemmeno un capello del vostro capo perirà. La storia della creazione, degli uomini, è saldamente nelle mani di Dio, anche se gli uomini, noi, stiamo facendo di tutto per accelerare la rivelazione finale con le nostre azioni, i nostri conflitti, le liti e le scelte scellerate, sia a livello personale che nazionale e internazionale. Con la vostra perseveranza salverete le vostre anime, cioè con la stabilità e la fede in me, vi salverete. La storia non sta andando a schiantarsi contro il muro della storia, bensì verso la rivelazione della gloria divina!
Caro diacono Pietro, tra poco sarai ordinato sacerdote e destinato al servizio del Popolo di Dio. La tua vita sarà interamente dedita al servizio, insieme ai tuoi fratelli nel ministero sacerdotale, uniti nel presbiterio; sarai, non tanto un “giovane sacerdote”, visto che sei nato lo stesso anno del sottoscritto, ma “giovane di sacerdozio”! E questo ti immette con umiltà alla scuola del presbiterio! Il tuo non è un servizio tanto per le cose sacre e sante, quanto per rendere santa e sacra ogni esistenza umana, aiutandola a sapere che è amata e abitata dallo Spirito.
Ti viene affidata la gente che viene al tempio, nella comunità cristiana, a vivere momenti di culto, di vita della comunità cristiana. Ma soprattutto la gente che al culto non ci va; eppure tutti, da oggi in modo ufficiale, avranno il diritto a cercare in te il volto della misericordia di Dio. E dovrai affrontare, insieme a tutti noi, il periodo minaccioso e difficile di una Chiesa che vive le doglie del parto, nel suo cammino di rivelazione dell’opera di Dio, lavorando giorno e notte, come dice san Paolo nella seconda lettura. Una Chiesa in fase discendente per tanti versi, di crollo di tanti mattoni, certezze, numeri e rilevanza sociale; e che ci porta a sintonizzarci con ciò che il Signore ci chiede oggi, cioè uno sguardo di speranza perseverante e di fede rinnovata nel discernimento sulla volontà di Dio nell’oggi.
Per questo, chiudo raccomandandoti quattro cose:
- Spendi più tempo ad entrare nel tempio del mistero dell’esistenza delle persone che a custodire la chiesa fatta di mattoni; preoccupati, soffri, gemi e prega più per la Chiesa vivente delle membra sofferenti del Corpo di Cristo, piuttosto che per le mura delle sagrestie e delle strutture.
- Abbi il coraggio e l’amore per accarezzare e sistemare le pieghe e le ferite della vita delle persone piuttosto che le vettovaglie ed i vasi sacri dedicati al culto; più sono ferite, sole, emarginate, povere, più sono nostri familiari, cioè di una Chiesa che diventa famiglia per chi è senza; queste chiese viventi non crolleranno mai ed il Signore ti aspetta ad essere incontrato e rivelato qui, più che nella collezione dell’oggettistica, che sa di armamentario di un professionista religioso.
- Ricordati che siamo lievito anche in quanto ministri, come diciamo anche nel tema dell’anno pastorale, e dobbiamo fecondare il mondo con il Vangelo; ma senza l’amore autentico per le persone e senza una tenace e costante passione di fare le cose insieme al Popolo di Dio, si rischia di essere padri senza figli lasciando anche i figli senza padre, annunciatori di relazioni comunitarie da pulpiti di esistenze solitarie che vivono in maniera triste, per conto proprio, in un mondo tutto nostro.
- Fuggi qualsiasi logica miracolistica. Oggi è facile fare la pastorale dei miracoli, del fenomenale, per far vibrare delle corde quasi di minaccia. Il Popolo di Dio non viene convertito né dalla minaccia, né dal miracolistico, lo dice anche il Vangelo oggi: molti si presenteranno, dicendo…non li seguite. È nell’ordinarietà del quotidiano banale che si convertono le persone.
Il Signore, per intercessione della Madonna della Bruna e di S. Eustachio e familiari, porti a compimento l’opera che ha iniziato in te! Amen.
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