Seleziona una pagina

STEMMA

BLASONE

Interzato in pergola rovesciata: nel 1° di rosso, alla stella a 5 punte sormontante un crescente montante, il tutto d’oro; nel 2° d’argento, al giglio di giardino sormontante una squadra di legno, il tutto al naturale; nel 3° di verde, alla strada ondeggiante in palo, d’oro.

Lo scudo accollato alla croce astile doppia patente d’oro, e timbrato da un cappello prelatizio di verde con 10 fiocchi per lato dello stesso.

Motto: OMNIA QUAE HABUIT MISIT.

SPIEGAZIONE SIMBOLICO-TEOLOGICA

Nella prima campitura, su campo di rosso, colore che ben si addice ad indicare la carità, si innalza una stella a 5 punte sormontata da un crescente (cioè un quarto di luna), il tutto d’oro, il metallo più prezioso in araldica, che nel NT viene utilizzato come simbolo del sommo valore della fede, oltre che in riferimento alla vita nuova che splenderà nella Gerusalemme celeste [1]. La composizione ha un duplice riferimento. Un primo riferimento simbolico è alla Beata Vergine Maria: è richiamata la

donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle di cui parla il libro dell’Apocalisse (12,1), nella lettura che è utilizzata per la celebrazione liturgica dell’Assunzione della Beata Vergine Maria [2]. Inoltre il riferimento è alle origini del titolare che è nato in Romania, a Somusca-Bacau, nella regione della Moldavia (Moldova): lo stemma della Moldavia innalza infatti una testa di uro con una stella tra le corna e inframmezzata da una rosa e da un crescente, il tutto d’oro [3].

Nella seconda campitura la composizione richiama la figura di San Giuseppe, particolarmente cara a Mons. Ambarus che, peraltro, è stato nominato vescovo dal Santo Padre Francesco nell’anno da questi dedicato in modo speciale alla memoria e alla venerazione del Patrono della Chiesa universale. Si ritrova infatti un attributo iconografico caratteristico di San Giuseppe, il giglio, unitamente a una figura, la squadra, che ne richiama il mestiere, quello di falegname. Ancora una volta è al contempo richiamata la storia del titolare, il nonno del quale era proprio falegname. Il tutto campeggia su uno sfondo d’argento, metallo che per la sua trasparente lucentezza ben si adatta a simboleggiare la Verità del Vangelo che un vescovo deve accogliere in sé per esserne, come fedele operario, annunciatore a tutti.

Nella terza campitura si ritrova su campo di verde una strada d’oro. Il colore verde richiama le vallate e i parchi della Moldavia, e allo stesso tempo allude al campo di Dio che è la Chiesa [4]. La strada è stata scelta dall’eletto vescovo come simbolo di tutta intera la sua vita, che lo ha visto incamminarsi su sentieri inaspettati, chiamato a incarnarsi in realtà umane ed ecclesiali diverse da quelle del suo Paese di origine: entrato a quindici anni nel Seminario Minore della Diocesi di Iasi, in Romania, e passato poi al Maggiore, arriva a Roma nel 1996, presso il Pontificio Seminario Romano Maggiore; ordinato a Iasi nel 2001 rientra a Roma, dove svolge il servizio di educatore al Seminario Romano Maggiore, per poi esercitare il servizio di collaboratore parrocchiale e viceparroco in due parrocchie romane, prima di essere nominato nel 2012 parroco dei Santi Elisabetta e Zaccaria a Valle Muricana; infine nel 2017 la nomina a vicedirettore della Caritas diocesana e quindi a direttore, fino al momento della nomina a vescovo ausiliare con delega alla Carità e alla Pastorale dei migranti. La speranza che vuole esprimere così don Benoni per il suo ministero episcopale è quella di camminare fedelmente sulla strada tracciata per lui dal Signore, annunciando il Vangelo della carità a tutti, soprattutto ai poveri e a quanti sono esclusi e posti ai bordi delle strade della società a motivo della “cultura dello scarto” dalla quale con forza mette in guardia Papa Francesco in tanti richiami del suo magistero.

Il motto riprende le parole pronunciate da Gesù in riferimento alla vedova povera che gettò nel tesoro del tempio due monetine, tutto quello che ella aveva per vivere, in contrasto ai ricchi che invece vi gettavano molte monete, che però erano del loro superfluo: “haec vero de penuria sua omnia, quae habuit, misit, totum victum suum” (“Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”) [5].

_______________________________  

[1] Ben più preziosa dell’oro provato col fuoco è la fede in Cristo (cf 1Pt 1,7). Nella Gerusalemme celeste la vita splenderà come bene preziosissimo a tutti accessibile, dal momento che essa si presenterà “di oro puro, simile a terso cristallo” (Ap 21,18).

[2] La tradizione medievale e monastica ha letto volentieri in chiave mariologica la figura della donna glorificata di cui si parla nell’ultimo libro della Bibbia, il che ne spiega l’uso liturgico.

[3] Cfr. D. Cernovodeanu, Stiinta si arta Heraldica in Romania, Bucarest 1977, pp. 82-92.

[4] Cf 1 Cor 3,9.

[5] Mc 12,44.