S.E.R. Mons. Benoni Ambarus ha fatto il suo ingresso ufficiale nell’Arcidiocesi di Matera-Irsina oggi, 19 luglio 2025, celebrando una Solenne Santa Messa nella Basilica Cattedrale di Matera. Di seguito la Bolla di nomina, il saluto alle Autorità, l’Omelia e il saluto finale dell’Arcivescovo
Bolla Papale di nomina
(Bolla Papale: traduzione del testo latino)
Leone Vescovo, Servo dei Servi di Dio
Al venerabile fratello Benoni Ambarus, Vescovo ausiliare di Roma, insignito del titolo di Tronto, nominato Vescovo delle Chiese di Matera – Irsina e Tricarico, unite nella sua persona, salute e Apostolica Benedizione.
Poiché senza Dio nella nostra debolezza nulla possiamo compiere, è nostro desiderio piacere a Lui nella nostra volontà e nelle azioni, perseverando nell’umiltà della condotta, nella solidità della fede, nella modestia delle parole, nella rettitudine delle opere e nella misericordia delle azioni, rimanendo sempre uniti ai fratelli nella carità e nella pace, come insegna san Cipriano.
Sostenuti da questa esortazione e dall’esempio di un rinnovamento pastorale, ispirati unicamente dal desiderio di servire il popolo, mentre ci impegniamo con particolare cura nell’esercizio del nostro ministero e per promuovere la missione pastorale della Chiesa, volgiamo con paterna predilezione la mente alle necessità spirituali delle diocesi di Matera-Irsina e Tricarico. Rimaste vacanti dopo il trasferimento del loro Pastore, il venerabile fratello Antonio Giuseppe Caiazzo, trasferito alla Sede di Cesena-Sarsina, sono ora in attesa del proprio Pastore e moderatore della vita diocesana.
Pertanto, udito il parere del Dicastero per i Vescovi, nella pienezza della Nostra autorità Apostolica, considerato il ministero pastorale da te già ben svolto a Roma, ti nominiamo arcivescovo di Matera – Irsina e vescovo di Tricarico, che confermiamo – come finora – unite nella tua persona, con tutti i diritti e gli obblighi annessi.
Darai notizia di questa nostra decisione al clero e ai fedeli a te affidati, che esortiamo, affinché riconoscendo le doti della tua carità e il valore della tua competenza, abbiano un padre da seguire e un maestro da ascoltare.
Venerabile Fratello, prenditi cura con instancabile amore di queste famiglie, affinché il popolo fedele, illuminato dall’esempio della tua prudente guida, stia presso la croce di Cristo con forza e fiducia nel tempo del combattimento per il suo nome e la sua gloria. Manifesti con le parole la fermezza con cui confessa la fede e nelle prove che si presentano mostri la fiducia con cui vuol adempiere il comando di Dio e compiere la volontà del Padre, come fece e insegnò Cristo, scegliendo ciò che nel mondo è debole.
Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 18 del mese di giugno nell’Anno Santo del Signore 2025, primo del Nostro Pontificato.
Leone XIV
Saluto dell’Arcivescovo alle Autorità civili e militari
Egregio signor Presidente della Regione Basilicata dottor Vito Bardi;
Egregio signor Sindaco di Matera ing. Antonio Nicoletti;
Egregio signor Vice Prefetto Vicario dottor Vincenzo Lubrano;
Egregi sindaci dei comuni del territorio diocesano,
distinte autorità civili e militari!
Vi ringrazio di cuore per il saluto che mi avete rivolto, per l’accoglienza che mi avete riservato, per la grande apertura di fiducia e di collaborazione che avete manifestato.
Ad un primo sguardo, potrebbe sembrare che in questo momento si stiano incontrando e si accolgano i rappresentanti di due dimensioni diverse del convivere umano: la città civica, cittadina, pubblica e laica, e la città “religiosa” con i suoi aspetti di spiritualità fede e tradizione. Due dimensioni che si rispettano, si accolgono, collaborano, nella diversità e nell’autonomia specifica.
Invece, mi piace pensare che non è così. Non perché non siano separate le due dimensioni, bensì perché l’umano vivere è una realtà ed un patrimonio comune. Voi, amministratori del bene comune, siete al servizio dei cittadini; noi, come Chiesa, viviamo al servizio delle persone. Che è la stessa cosa: insieme siamo una comunità.
In un’ottica di lettura credente della realtà, la città, il convivere umano ha una dimensione visibile, fatta di persone, di obiettivi comuni e di convivenza pacifica per il benessere di tutti. Ma, parallelamente e, a volte, in modo inconsapevole per molti, esiste una dimensione trascendentale, che non si vede, che però è altrettanto vera e consistente: lo spirituale, la vera identità della persona umana, che noi crediamo sia di figli di Dio ed eredi del Regno dei cieli.
La Chiesa, fatta di uomini e donne di oggi, incarnati nella vita e nella società, si impegna insieme a tutti i cittadini per il bene comune, ma non dimentica la parte dello spirito, come parte integrante ed essenziale per avere un senso pieno della vita umana.
Vorrei dire che i cristiani sono, e dovrebbero esserlo sempre più, degli incontentabili sulla realtà della nostra città, degli inguaribili collaboratori per l’umano convivere. Ed è per questo che non ci rassegniamo di fronte alle difficoltà e sentiamo le persone fragili come nostri prediletti, coloro che vivono qualsiasi tipo di fragilità e di difficoltà. Perché hanno bisogno di essere nutriti e rafforzati per la vita, ma anche di senso di vita. Siamo degli incontentabili perché non ci vogliamo limitare a dare anni alla vita umana, ma pienezza e senso di vita agli anni. Altrimenti non si trovano sufficienti motivi per un vivere umano sereno.
In conclusione, a voi amministratori, assicuro che saremo collaboratori leali per il bene comune, perseguendo sempre più il tutto con criteri di giustizia e non di elemosina, di uguaglianza e non di prepotenza, di attenzione e non di distrazione, né tantomeno di interessi personali. Ma è altrettanto ovvio, e sono sicuro che su questo siamo d’accordo, che la collaborazione è e rimane anche sul registro della franchezza e della vigilanza profetica.
Grazie per quello che fate nel vostro servizio quotidiano, per la generosità del vostro lavoro, tante volte poco riconosciuto e gratificato. Vi assicuro che al Signore non sfugge nessun vostro gesto di bene e di umanità autentica. E più i gesti sono piccoli e sconosciuti, più al Signore sono preziosi!
Matera 19 Luglio 2025
+ Benoni Ambarus
Arcivescovo eletto di Matera-Irsina
Vescovo eletto di Tricarico
Saluto del Sindaco di Matera, Ing. Antonio Nicoletti al Vescovo eletto di Matera-Irsina
Eccellenza Reverendissima, don Ben,
Con l’onore di parlare anche a nome dei miei colleghi sindaci, delle amministrazioni e dei cittadini dell’Arcidiocesi di Matera-Irsina, Le rivolgo il più caloroso saluto di benvenuto qui a Matera, nella Sua nuova comunità.
Noi fedeli la stavamo aspettando, custoditi quotidianamente dai Ministri del Clero, che in questo tempo non solo si sono presi cura delle nostre anime, ma hanno saputo gestire in modo più che eccellente i momenti solenni attorno ai quali si riunisce la nostra gente, seguendo il ritmo di tradizioni antiche come i nostri monumenti.
Siamo un popolo segnato da un forte sentimento di fede, radicato saldamente nelle nostre anime come nella pietra della nostra città – Matera – ricca di un patrimonio storico-artistico e architettonico che esprime in modo evidente il rapporto tra Chiesa e comunità. Le oltre 150 chiese scavate nella roccia dai nostri antenati, con le loro testimonianze iconografiche, sono uno straordinario segno di fede, e sono al tempo stesso le radici della nostra cultura. Costituiscono un legame manifesto e indissolubile con l’identità di questi luoghi. Oggi, con la loro valorizzazione, sono diventate fattore di sviluppo e rappresentano quindi non solo i simboli di un antico passato, ma anche un fattore per continuare a costruire il nostro futuro.
La nostra, infatti, è una comunità accogliente e operosa, tenace, che non si arrende fino al superamento di ogni avversità. Una comunità che ha saputo custodire con orgoglio le proprie radici e che guarda con fiducia al futuro, forte del suo patrimonio culturale e umano. I Sassi sono simbolo di dignità e di rinascita, e testimoniano una città capace di risorgere, di trasformarsi e di aprirsi al mondo, senza perdere la propria anima.
Matera, la Gerusalemme dell’immaginario Hollywoodiano, è soprattutto “Capitale” culturale: è una città simbolo del riscatto del Sud, un luogo che con la sua forza riesce a soverchiare le sue stesse contraddizioni, in grado di creare, pur nelle difficoltà, un destino sempre nuovo.
Città antica e radicata nella spiritualità più autentica, è da sempre terra di dialogo, accoglienza e fede. Nel 2026 sarà “Capitale Mediterranea della Cultura e del Dialogo”, rappresentando nuovamente l’Italia in un contesto internazionale quantomai importante in un periodo storico come questo. Dialogo e cultura, parole che appartengono ai materani, e che siamo certi sapremo coniugare insieme, per condividerne i valori con i nostri ospiti provenienti da tutto il mondo.
Ma Matera non è solo i Sassi, il nostro “luogo” per eccellenza, che dobbiamo proteggere e tutelare dalle veloci trasformazioni portate dal turismo e dallo sviluppo contemporaneo. Matera è molto altro. Conoscerà presto la “verità” dei nostri quartieri e dei nostri borghi, dove albergano certo contraddizioni, difficoltà e disagio, ma dove vive la fede più autentica, lo spirito di solidarietà, dove sopravvivono ancora i valori del “vicinato” che ci hanno tramandato i nostri padri.
Materia e spirito, sapienza e operosità, sono gli elementi che emergono dalla nostra antica civiltà: il “paesaggio culturale” costruito da un popolo che ha dimostrato, attraverso i millenni, la sua capacità di essere una vera “comunità”.
Questa comunità attendeva il suo Pastore. La Sua nomina e il Suo insediamento oggi sono motivo di grande gioia e fiducia per tutti noi, quale segno di nuova rinascita e di rinnovamento per la Chiesa locale e per tutto il nostro territorio.
In questo contesto ricco di storia e significato, l’arrivo del nuovo Arcivescovo rappresenta un bellissimo momento di beneficio e di rinnovamento. Siamo certi che la Sua guida spirituale saprà rafforzare i legami tra la Chiesa e la città, promuovendo quei valori di solidarietà, giustizia, ascolto e vicinanza agli ultimi che sentiamo profondamente nostri.
Il Comune di Matera è pronto a collaborare con Lei e con l’intera Arcidiocesi, all’insegna di un dialogo che sarà sincero e costruttivo, nonché fondato sul rispetto reciproco, per affrontare le sfide sociali e morali del nostro tempo e quelle che ci attendono, al fine di costruire insieme un futuro di pace, giustizia e prosperità per tutti i cittadini, unendo le forze verso un progetto di comunità autentica.
Pertanto, nell’esprimerle tutta la nostra fiducia e collaborazione nel suo ministero pastorale del nostro territorio, Le auguro di poter essere la guida illuminata della nostra comunità spirituale nella promozione dei valori cristiani, e una presenza costante nella vita di tutti noi, certi che insieme potremo continuare a costruire una Matera ancora più giusta, solidale e aperta.
Benvenuto, Eccellenza. Che il Suo servizio pastorale sia per tutti noi fonte di ispirazione e di speranza.
Matera, 19 luglio 2025
Ing. Antonio Nicoletti
Sindaco di Matera
Omelia nella Santa Messa all’inizio del suo Ministero Episcopale
L’ospitante che diventa ospitato. Potrei riassumere così la prima lettura ed il Vangelo che abbiamo ascoltato oggi.
Abramo siede all’ingresso della sua tenda nell’ora più calda del giorno, e vive l’incontro con i tre uomini. Si prodiga tanto per accoglierli, offre loro cibo e nutrimento, vive la loro presenza come un dono per sé e la propria famiglia. Il risultato finale è che il vero beneficiato invece sarà proprio lui e sua moglie Sara. I tre uomini gli promettono ciò che lui aspetta da tanto: una discendenza, un futuro del proprio clan familiare! Ed è quello che lui aspettava dal Signore: una discendenza. Non esiste accoglienza vera senza una fecondità reciproca! Mai l’accoglienza vera è unidirezionale; se così fosse, non è vera accoglienza ma una certa disponibilità propria, un potere di fare delle cose verso l’altro, dove la vita non si moltiplica, ma solo conservata e prolungata. Inoltre, il dono che riceve Abramo è una promessa serena di futuro: Avrai una discendenza, avrai un futuro, ed io ti custodirò nella vita!
Nel Vangelo di Luca invece, abbiamo la situazione di due sorelle che accolgono il Signore Gesù insieme ai suoi. Gesù va verso Gerusalemme, è stanco del viaggio ed ha necessità di rigenerare le sue forze. Entrando in casa loro, le sorelle attivano due atteggiamenti, due modi di ospitarlo. Marta è consapevole che le esigenze materiali siano una concretizzazione del suo amore per il Signore: hanno bisogno di mangiare, di nutrirsi. E si mette a fare le cose. La sua ospitalità si declina in cose concrete e pratiche quindi; che sono tante, troppe, e non le rimane più spazio ed energia per altro. Lo fa perché l’ospite deve avere il meglio, e sentirsi a suo agio.
Maria invece sceglie un altro registro per ospitare Gesù: si siede ai suoi piedi e assorbe ogni parola, ogni gesto, ogni sguardo del Signore. Potremmo dire che a Marta piace fare le cose per il Signore, mentre a Maria piace il Signore. La prima nutre dolcemente Gesù con tutto ciò che riguarda l’ospitalità, mentre Maria si nutre di Gesù e della sua dolce presenza.
Sembra, dal modo in cui reagisce Marta, che sia necessario prendere una posizione radicale: schierarsi con lei o con Maria. Non t’importa? Non ti curi? Non ti curi di me? Ed io, che mi sto stancando per te? Non mi vedi, non mi pensi? Dì a mia sorella di dividere queste incombenze con me così dividiamo anche lo stare ai tuoi piedi ed ascoltarti. Un po’ per uno…fa bene a tutti!
Il Signore non si sfila da questa domanda: certo che m’importa, Marta! Certo che m’importa! M’importa che sei sola! Ma…devi sapere che la necessità è una sola: ascoltare Dio! Il resto è contorno! E la necessità è che tu ti sieda e ti faccia ospitare da me, non io da te.
La tua stanchezza, il tuo affanno della vita, la tua solitudine, il tuo scoraggiamento, non vengono eliminati semplicemente perché fai meno cose con l’aiuto degli altri, bensì dal deporre la tua vita ai miei piedi. Vivi nella misura in cui mi ascolti; perché diventi lentamente ciò che ascolti da me! Se non lo fai, continuerai ad agitarti nella vita, ad “invadermi” quasi con le tue opere, ma non riposerai veramente. Anzi, più che ospitare e servire me, lasciati ospitare e servire da me; solo così potrai sperimentare il mio amore per te.
Perché qui non si tratta di compiacermi, di meritare il mio amore attraverso le cose che fai per me, come se dovessi pagare il mio amore e la mia stima, bensì di immergerti nella relazione con me che ti rigenera nella vita!
Ecco carissimi, cosa dice a noi come Chiesa di Matera-Irsina questa Parola, il giorno in cui il Signore ci ha radunati insieme ed oggi mi chiede di iniziare il cammino di servizio come vostro vescovo e pastore? Mi sembra che tre siano gli atteggiamenti spirituali ed ecclesiali da coltivare:
Primo. Ricordarsi che ogni volta che ospitiamo il Signore, in realtà è Lui che desidera ospitare e rigenerare noi con la sua presenza e fecondità. Lui accetta l’ospitalità solo come pretesto per poterci incontrare: l’ospitato è il vero ospitante! Perché conosce la nostra solitudine, le nostre stanchezze, amarezze, il nostro bisogno di essere amati innanzitutto, e poi il bisogno di amare! E queste stanchezze e solitudini non si superano tanto perché i nostri fratelli e sorelle ci soccorrono, bensì piuttosto se abbiamo il coraggio di sederci anche noi! Siamo creati per “riposare” innanzitutto nella relazione profonda con il dolce Signore, nostro Ospitante!
Due. A noi non ci accomuna un fare ecclesiale aggrovigliato e confuso, ma la calma delle relazioni corte e profonde, fatto di appartenenza al Signore, di sguardi di accoglienza del mistero dell’altro. Un essere Chiesa dalle relazioni riposanti, dove poterci sentire accolti, rigenerati, rinati nella speranza per la vita. Dei discepoli quindi che più si lasciano “ospitare” dall’amore del Signore, più diventano essi stessi capaci di ospitare gli altri.
Tre. Benedetta l’ospitalità ecclesiale dei discepoli! Benedetta la vita vissuta ad ospitare gli altri, perché solo in questo modo annunciamo a tutti l’Ospite divino! E più le persone sono lontane da lui, più sono stanche e sole, più sono povere di pane, di relazioni, di cultura, di lavoro, più vanno accolte nelle nostre tende per essere rigenerate. Perché così a loro viene annunciato attraverso la nostra vita l’Ospite divino che rigenera, mentre a noi viene data, attraverso loro, la fecondità ulteriore della vita e della vita di grazia!
Per concludere, è Cristo in noi, speranza della gloria che noi annunciamo, dice san Paolo, è Cristo che desideriamo rendere presente nel mondo, e ospitando gli uomini e le donne di oggi nella nostra vita, nelle nostre relazioni, nelle nostre comunità, favorire l’incontro tra loro e l’Ospite divino.
Saluto finale dell’Arcivescovo
Potrei dire “sarò breve” ma…non lo dico. Bensì dico: “sarò banale”. Nel senso che tante volte nella vita sono le cose semplici il nostro pane quotidiano, la nostra parte principale di vita. E si, sarò banale! Perché nulla di straordinario voglio aggiungere a questa celebrazione, nulla di fuori luogo voglio dire, eccetto la sottolineatura della bellezza nella semplicità. Che è dire, grazie, fiducia, speranza.
Dico grazie innanzitutto. Grazie al Signore! Perché la mia storia è stata, mi rendo conto sempre di più, pavimentata dalla sua bontà per me. Grazie al nostro Santo Padre, Leone XIV per la sua fiducia e la sua paterna attenzione e la nuova missione che mi ha affidato e che oggi inizia insieme a tutti voi, caro Popolo di Dio che abita nella Diocesi di Matera-Irsina.
Celebro e rendo lode al Signore per la sua bontà nel darmi vita, nella mia storia familiare – con i genitori e nonni che oggi sono in cielo, i tanti fratelli e sorelle, nipoti, cognati e cugini, di cui oggi sono presenti una buona parte, e che ringrazio per la loro presenza discreta ed esemplare nella mia vita, nelle persone che mi hanno affiancato e sostenuto, nelle tappe della formazione, diaconi, consacrati e consacrate, sacerdoti, vescovi, e cardinali; non mi metto a fare i nomi altrimenti facciamo notte, e già voi che state fuori sulla piazza siete stati messi alla prova. La bontà del Signore si è manifestata ulteriormente nel considerarmi degno di fiducia con la chiamata al ministero presbiterale ed episcopale poi, e attraverso le comunità che ho avuto l’onore di servire.
Ringrazio il Signore per tutte le persone ferite che ho potuto incontrare, ascoltare, sostenere, aiutare: poveri, emarginati, rom, migranti, carcerati, malati. Per il dono immenso ricevuto attraverso i racconti delle loro storie, la testimonianza della loro fede e speranza, le lacrime che mi hanno permesso di asciugare, il passo in più di vita che abbiamo fatto insieme, loro nella propria vita ed io nella mia insieme a loro.
Ringrazio tutte le persone che sono arrivate qui, da Roma e da vari luoghi per questa celebrazione e per coloro che sono unite attraverso i vari canali di comunicazione.
A Roma mi presentavo come romeno romano, e poi col passare del tempo, sempre più romano che romeno… Ma ora, chi sono io? I Santi Patroni della nostra Arcidiocesi, a cui affido il mio ministero episcopale, sono Maria Ss.ma della Bruna, San Giovanni da Matera, Sant’Eufemia e Sant’Eustachio. Quest’ultimo, generale romano, si è distinto anche nelle guerre di conquista dei miei antenati nella…Dacia, l’attuale Romania. Oggi è arrivato il loro pronipote eh! Arrivato carico di gratitudine per la vostra accoglienza; e non per conquistare ma per servire, con la fiducia che Popolo e Pastore possano condividere insieme i doni divini, ed edificare il Regno di Dio in questo nostro mondo, così bisognoso di vedere semi di pace, di riconciliazione e di amore autentico.
Carissimi, ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile questo momento; nei giorni scorsi dicevo al telefono a don Angelo Gioia e agli altri sacerdoti: vi sto facendo fare gli straordinari per questa celebrazione! Si, sento e ho visto che gli straordinari sono stati fatti e vissuti da tutti, a cominciare dai sacerdoti, dalle istituzioni e da tutti voi. Grazie per la vostra accoglienza, grazie per la preghiera che avete fatto, e dalla quale mi sono sentito avvolto come da un caldo e dolce abbraccio spirituale!
Sono pieno di fiducia che la bontà e la fedeltà del Signore non ci abbandonano! Sono pieno di fiducia che il Signore guiderà i nostri passi in questo nostro tempo complesso e pieno di sconvolgimenti, che il nostro amato papa Francesco ha definito come un cambiamento d’epoca! Dio è il Signore della storia e noi siamo chiamati a collaborare all’edificazione del Suo Regno, di cui la Chiesa è germe e riflesso concreto in mezzo agli uomini e alle donne del nostro tempo!
Siamo sale e lievito del Regno; il Signore è il costruttore ed il suo progetto di amore è più forte delle fatiche e degli sconvolgimenti. Non cediamo alla rassegnazione ma ancoriamo il cuore nella speranza; non lasciamo che i nostri cuori siano turbati, siano sottosopra, ma incontriamo il Risorto sulle strade del mondo, e Lui camminerà con noi! Dico queste parole pensando in modo particolare alle persone che stanno vivendo un deficit di speranza in questa fase della loro vita: difficoltà di ogni genere, povertà, disoccupazione, migrazione, carcere, malattia, solitudine!
Il motto episcopale che ho scelto è: Ha messo tutto quello che aveva! Che racconta della vedova del Vangelo. Ma in realtà il Padre ha messo tutto quello che aveva: il Figlio! Ce lo ha donato. Ed insieme al Figlio ci ha resi eredi del Regno. Anche noi dobbiamo mettere ogni cosa che abbiamo e che siamo al Suo servizio ed il Signore moltiplicherà ogni bene nel mondo!
A Maria Santissima della Bruna affido il mio ministero episcopale in modo speciale; Matera, che si fregia del titolo di “città di Maria”, sia il luogo dove è rivolto in modo particolare lo sguardo materno di Maria; lei ci consoli e interceda per tutti noi!
Grazie per la presenza, grazie per la pazienza, grazie per ciò che da oggi insieme vivremo e affronteremo, ospitandoci gli uni gli altri a partire da un ascolto reciproco!
Matera 19 luglio 2025
+ Benoni Ambarus
Arcivescovo Matera-Irsina
Vescovo di Tricarico
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