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Is 49, 1-6; At 13, 22-26; Lc 1, 57-66.80

 

La liturgia propone alla nostra riflessione il brano di Luca per raccontare la nascita del Precursore. Gioia e stupore furono l’atmosfera che caratterizzò l’avvenimento: la nascita di un bimbo Giovanni che significa “dono di Dio”, o anche “Dio è misericordia”.

Il padre Zaccaria, mosso dallo Spirito di Dio, profetizzò: Tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo, perché andrai innanzi al Signore a preparagli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza, per la remissione dei peccati.

Dono di Dio, anche perché questa nascita avviene in una situazione di impedimento (Elisabetta era detta sterile e Zaccaria in età avanzata).

Giovanni è modello del discepolo di Cristo e, per molti aspetti, è una vera icona del missionario.

 

Giovanni Battista vera icona del missionario

Il suo messaggio è di perenne attualità: anche oggi il Signore ha bisogno di precursori e di testimoni per costruire un mondo nuovo più umano e più fraterno, più rivolto a Dio con la fede e con le opere. Ciascuno di noi è chiamato a riflettere sul nostro essere cristiani nel mondo di oggi. Quale è la nostra testimonianza della fede che noi professiamo? Quale è il nostro compito, la nostra missione che Gesù ci ha affidato?

Il nostro vescovo, nella Lettera pastorale al Clero di Matera-Irsina e di Tricarico, consegnataci nella Giornata di santificazione sacerdotale, richiamando il comunicato finale della ultima Assemblea della CEI, ci ha ricordato che “l’orizzonte missionario deve restare il faro del cammino sinodale: senza questa prospettiva, che costituisce la natura stessa della Chiesa -che esiste per annunciare Cristo e il suo Vangelo -le comunità cristiane si perderebbero nelle loro problematiche interne, smorzando la fora dello Spirito e impoverendo così il mondo. (p. 25-26)

 La Chiesa e il mondo hanno bisogno urgente di tanti uomini e donne che sappiano ripercorrere le orme del Battista come testimoni e profeti!

«Che cosa siete andati a vedere nel deserto?» chiedeva Gesù parlando del Battista.

Ciò che lo caratterizza è l’austerità della sua vita, il suo amore alla solitudine e il suo spirito di preghiera.

A noi che siamo prigionieri delle nostre comodità e che ci perdiamo in cose vane, san Giovanni Battista viene a ricordare il ruolo del silenzio, del distacco e della austerità per ogni anima che vuole darsi a Dio.

«Cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento?».

Giovanni Battista viveva solo per Dio, completamente staccato dall’opinione degli uomini, non dava retta alle dicerie… Non cercava di piacere; non accarezzava i suoi contemporanei, non si lasciava affascinare dai “media” del suo tempo, dicendo loro soltanto quello che volevano sentire. Giovanni Battista è un testimone della luce.

Il testimone è colui sulla cui parola riposa la nostra fede come su una roccia. È colui che per primo ha confessato la Divinità di Cristo: «Io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio» (Gv 1,34);

«Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me» (Gv 1,16). Ed è anche il primo che confessa la sua azione redentrice: «Ecco l’Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo» (Gv 1,29).

Venne Giovanni mandato da Dio, venne come testimone, per rendere testimonianza alla luce.

Giovanni è il “martire” della luce, testimone che ci indica così il cammino verso l’essenziale. Non si è profeti per accumulo, ma per spoliazione. (Ermes Ronchi)

«Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».

Un giorno Gesù darà la risposta, e sarà la più bella: Voi siete la luce del mondo.

La luce è fatta per illuminare, per mostrarsi visibilmente e pubblicamente “davanti agli uomini”. Il rischio è che la luce si spenga. L’anonimato è il pericolo gravissimo dei cristiani di oggi.

Ovviamente la pubblicità del Vangelo non è quella dello spettacolo, né quella del dominio, tantomeno quella del miracolo clamoroso.

….Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce” (Gv 1,6b-7)

Gli uomini di oggi hanno bisogno di chi faccia vedere loro non solo la perfetta incarnazione della Parola in Gesù, ma anche la perfetta incarnazione dell’amore di Gesù in uomini e donne che la mostrino concreta e viva, nella loro esistenza di tutti i giorni,  uomini e donne che con il loro amore – imperfetto e sempre fragile, ma fatto di tenerezza, perdono e tenacia – dimostrino che l’amore di Dio agisce sempre nella storia concreta di ciascuno, risollevandola dopo ogni caduta e rinnovandola giorno dopo giorno.

 

Giovanni Battista profeta della gioia

La gioia di annunciare con tutte le proprie forze il Signore Gesù che avrebbe battezzato nello Spirito Santo. La gioia, quindi, di evangelizzare! Il vero evangelizzatore non può rimanere in silenzio, perché c’è un fuoco acceso in lui, una gioia che si riversa sempre e che deve riversarsi attraverso le parole, un annuncio, costi quel che costi.

Giovanni testimonia la gioia della paternità spirituale. Aveva discepoli, come Andrea e come l’evangelista Giovanni, e li preparò ad accogliere il Messia che stava arrivando.

Santa Teresa di G.B. ci ricorda che “solo la sofferenza può generare anime per Gesù”. Giovanni consumò la sua vita, fino al martirio, per fecondare anime per Gesù.

Giovanni Battista è cresciuto nel deserto, dove si sono forgiate la sua intimità e la sua amicizia con Dio: “Egli visse nel deserto fino al giorno in cui avrebbe dovuto manifestarsi a Israele”.

 La vocazione cristiana è segnata costitutivamente dalla gioia.

Anzi, la gioia, come scrive A. Louf, «è il terreno in cui ogni vita mette radice per essere in grado di esistere. Senza la gioia non potremmo vivere, o meglio non potremmo sopravvivere».

“Ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia slavezza fino all’estremità della terra.” Is 49, 6)

L’esortazione apostolica Evangelii gaudium ci incoraggia a percorrere la strada della gioia. Si apre con una constatazione:

«La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia.…» (EG 1).

 Tenendo conto di questo orizzonte, la gioia cristiana si può vivere, allora, anche nella sofferenza, se si è uniti a colui che ne è la sorgente e la causa: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli» (Mt 5, 11s).

San Policarpo, confessando la propria fede davanti al proconsole, prima del martirio, «era pieno di coraggio e di allegrezza e il suo volto splendeva di gioia» (Il martirio di Policarpo, XII, 1)-

Don Tonino Bello, alcuni giorni prima di morire, al termine della Messa Crismale (8 aprile 1993) fattosi portare al centro del presbiterio volle dire al suo popolo: «…Andiamo avanti con grande gioia. Io ho voluto prendere la parola per dirvi che non bisogna avere le lacrime, perché la Pasqua è la Pasqua della speranza, della luce, della gioia e dobbiamo sentirle. Io le sento veramente, perché è così, perché il Signore è risorto, perché Egli è al di sopra di tutte le nostre malattie, le nostre sofferenze, le nostre povertà. E’ al di sopra della morte. Quindi ditelo!» (A. Bello, Ti voglio bene, Luce e vita, Molfetta 1993, p. 56).

L’esperienza del deserto ha formato la personalità del Battista; lì è cresciuta l’amicizia con lo Sposo. Giovanni Battista ha avuto la forza di rimanere completamente concentrato sulla sua missione, senza distrazioni. Si nutriva di cavallette e miele selvatico, il suo intero essere era sempre rivolto a Dio, era radicato in Dio, che era tutto per lui.

Chi vive nella logica evangelica fa esperienza che gioia e croce sono compatibili.

  Gesù stesso «ha accolto e provato le gioie affettive e spirituali, come un dono   di Dio».

Allora bisogna educarsi a saper convivere con le nostre gioie semplici e quotidiane e vigilare sempre perché si ricevano dalle mani di Gesù e siano vissute nel regime dell’amore.

Una di queste gioie semplici e quotidiane è certamente quella che deriva da una relazione realizzata. Una relazione non solo con Dio, ma anche con le creature e con il creato.   

La gioia é una vocazione nella quale Dio stesso ci coinvolge. La sorgente della gioia cristiana, infatti, è certamente la comunione con Dio, ma è motivo di gioia anche tutto ciò che è uscito dal cuore di Dio. Le persone, la bellezza della natura, le cose sono tutte motivo di gioia perché esse sono come orme del passaggio di Dio. È importante, allora, per il credente sapere che il gioire nel relazionarsi con le creature e con il creato è esperienza che fa crescere in umanità se la relazione è ispirata da amore gratuito.

Papa Francesco: «…un evangelizzatore non dovrebbe avere costantemente una faccia da funerale. Recuperiamo e accresciamo il fervore, “la dolce e confortante gioia di evangelizzare, anche quando occorre seminare nelle lacrime […] Possa il mondo del nostro tempo – che cerca ora nell’angoscia, ora nella speranza – ricevere la Buona Novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi, ma da ministri del Vangelo la cui vita irradii fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia del Cristo” (EN 80) (EG 10).

 

“Maria ci invita a fidarci del Figlio Gesù che ci ha scelti – ci ha ricordato il nostro vescovo – e che ai piedi della Croce a lei ci ha affidato.” (Lettera pastorale al Clero…)

“Celebrare san Giovanni Battista ricorda anche a noi, cristiani di questo nostro tempo, che non si può scendere a compromessi con l’amore a Cristo, alla sua Parola, alla Verità. La Verità è Verità, non ci sono compromessi. La vita cristiana esige, per così dire, il «martirio» della fedeltà quotidiana al Vangelo, il coraggio cioè di lasciare che Cristo cresca in noi e sia Cristo ad orientare il nostro pensiero e le nostre azioni.

Ma questo può avvenire nella nostra vita -ci ricorda papa Benedetto XVI- solo se è solido il rapporto con Dio. Solo se siamo capaci di avere una vita di preghiera fedele, costante, fiduciosa, sarà Dio stesso a darci capacità e forza per vivere in modo felice e sereno, superare le difficoltà e testimoniarlo con coraggio”.

“Donna, ecco tuo figlio!” “Qualsiasi cosa vi chieda, fatelo!” è il tema di questo anno che ha ispirato le artiste per la realizzazione del carro trionfale della Madonna della Bruna.

    Affidandoci a Maria dobbiamo anche affidarci alla Chiesa, vivere la Chiesa, essere la Chiesa con Maria. L’affidamento a Maria, il lasciarsi tutti penetrare da questa presenza, entrare in comunione con Maria, ci rende Chiesa, ci rende, insieme con Maria, realmente questa sposa di Cristo. 

 

Maria SS. della Bruna, prega per noi!