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Basilica Cattedrale, 08 maggio 2021

Il prete uomo tra gli uomini, scelto da Cristo per dare la vita

Carissimi,

la nostra Chiesa di Matera-Irsina sta vivendo un momento di grazia particolare con l’ordinazione sacerdotale di tre giovani che rispettivamente hanno visto coinvolte diverse comunità parrocchiali (Tinchi e S. Agnese, Scanzano e Marconia, Ferrandina e Maria Madre della Chiesa).

Abbiamo così avuto l’opportunità di meditare in modo più approfondito sulla figura del presbitero:

  1. Il Bel Pastore dono del Padre per servire le pecore (D. Fabio Vena);
  2. Il Prete uomo di comunione con Dio, con il presbiterio, nella Chiesa (D. Alberto Delli Venneri);
  3. Il Prete uomo tra gli uomini, scelto da Cristo per dare la vita (questa sera sarà ordinato D. Marco Di Lucca).

Carissimi confratelli nel sacerdozio, Diaconi, Don Marco e familiari, fratelli e sorelle tutti, accogliere un nuovo presbitero significa riconoscere con gratitudine che Gesù continua a chiamare nuovi discepoli nella sua Chiesa e per la sua Chiesa.

Rivolgo un particolare saluto al Rettore del Seminario Regionale della Basilicata, Don Angelo Gioia, già parroco di D. Marco, all’equipe formativa e a tutti i seminaristi presenti. Da tre settimane questa Basilica Cattedrale è diventata, attraverso la vostra presenza, luogo d’incontro delle Chiese sorelle dell’intera Regione. La Madonna della Bruna vi accoglie sotto il suo manto materno, vi custodisce, prega per voi e con voi.

Saluto anche le autorità civili presenti, in particolare il Signor Sindaco di Ferrandina. Grazie per la vostra presenza.

Rimaniamo ancora a meditare il cap. 15 di Giovanni: è la continuazione del discorso sulla vite. Ciò che colpisce subito è la figura del Padre, sarebbe meglio dire il ruolo del Padre: il “dimorare” del tralcio nella vite diventa il “dimorare” nell’amore di Gesù. La fecondità, quale frutto dell’amore, si vede e si tocca con mano se si vive l’intimità spirituale con il Maestro che riporta al cuore di Dio. Infatti la fonte dell’amore è il Padre.

L’evangelista Giovanni spiega tutto questo dicendo: “come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi”. E’ questo “come” che mette in evidenza che l’amore di Gesù, che arriva a noi, proviene dal Padre. Gesù è colui che custodisce l’amore del Padre rimanendo fedele alla missione per cui è disceso dal cielo. I discepoli, quindi i sacerdoti, sono chiamati a custodire quanto hanno ricevuto: “se custodirete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore”.

Il prete è colui che è chiamato, uomo tra gli uomini, a custodire l’amore di colui che l’ha scelto per dare con gioia la sua vita solo ed esclusivamente per amore. Il prete, in quanto uomo, avverte anch’egli i moti dell’affettività come tutti. Eppure c’è qualcosa di misterioso, difficile da capire ai più, ma che viene a lui svelato e risponde esattamente a quell’amore che viene definito “nuovo”.

È nuovo questo comandamento perché, chi risponde “sì” a Cristo, sperimenta, giorno dopo giorno, che viene coltivata una predisposizione dell’animo che rende sempre più fruttuoso il suo amore. Come Gesù.

È nuovo il comandamento dell’amore perché in grado di superare il bisogno naturale di completarsi con un’altra persona, con una donna, di colmare il vuoto o la solitudine per vivere la fecondità di un amore che riempie il cuore del chiamato ed è capace di “dimorare” in Cristo, sapendo che questi non toglie qualcosa ma dona l’abbondanza della fecondità. Esattamente come Gesù con il Padre.

È nuovo questo comandamento perché, come un fiume in piena, proviene dal Padre verso il Figlio e in quanto Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio, facendo un percorso che è contro ogni legge naturale. Il fiume in natura è alimentato dagli affluenti, dai ruscelli, dai corsi d’acqua. Il fiume dell’amore di Dio, al contrario, alimenta ogni affluente, ruscello, corso d’acqua: va controcorrente. Come l’amore di Gesù.

Il sacerdote, carissimi D. Marco, D. Fabio, D. Alberto, riceve da Dio l’acqua che gli permette di rendere fertile il terreno che bagna, che attraversa, lasciando orme d’amore che altri percorreranno. Le orme che lascerete nel tempo che Dio vi darà e dove lui vorrà, saranno frutto di quell’amore che ha trovato ogni logica spiegazione nel dimorare nel mistero trinitario dal quale è stata avvolta Maria da una parte e Giuseppe dall’altra. A tutti e due Dio ha chiesto qualcosa che andava contro natura. I turbamenti, le lotte interiori, le notti insonni per la fatica di comprendere quanto veniva loro richiesto, hanno trovato pace e gioia nel momento in cui, ognuno dei due, ha saputo dire il suo “Eccomi”.

È nuovo il comandamento dell’amore in quanto se ne fa carico il Signore stesso. Nessuno di noi sarebbe capace di mantenere fede alla scelta sacerdotale se non avvertisse dentro di sé la forza dell’Amore divino che lo possiede e rende fecondo il ministero sacerdotale. Diversamente, purtroppo, coltivare affettività sbagliate, amori disordinati, amicizie inappropriate sono manifestazioni che allontanano dalla pienezza dell’amore di Dio. Il prete ama come Gesù.

Da questo comprendiamo, quando Gesù dice: “amatevi gli uni gli altri, come io vi ho amati”, quali siano le direzioni di quest’amore.  Il processo è sempre lo stesso: il Padre ama il Figlio, il Figlio ama i discepoli ed i discepoli sono chiamati ad amarsi tra loro.

La pienezza, la potenza e la fecondità dell’amore di Gesù Cristo le cogliamo non tanto nei miracoli, nei gesti straordinari, nelle opere di carità, nell’attenzione agli ultimi, negli insegnamenti, ma sulla Croce: dare la vita per i propri amici, che significa per tutta l’umanità.  “Dio è Amore” (1Gv 4,8.16).

Tutto ciò che è del Padre e del Figlio, nello Spirito è vita, è amore completamente donato e offerto. Carissimo Don Marco, sei chiamato ad essere amore donato e offerto volentieri e non per forza, con gioia e non con rimpianti. Attraverso te stasera inizia una storia d’amore che è il prolungamento di quella del Figlio, e tu sei chiamato a scrivere con la tua vita sacerdotale pagine d’amore che gli altri possano leggere, meditare per dissetarsi alla stessa fonte d’amore.

Rimani sempre e comunque legato al Signore nell’intimità della preghiera, del silenzio, dell’amore spirituale perché tu possa essere generativo di nuova vita da offrire a lui che ti ha chiamato e stasera, attraverso me, ti rende suo sacerdote, sua presenza, suo amore. E’ un amore che si incarna in te e attraverso te si dilata perché, come un fiume, raggiunga tutti.

In questa vostra missione, carissimi Don Marco, Don Fabio, Don Alberto, servite i fratelli con libertà e intensità, da innamorati. Preti con tutti, preti di tutti, lontani dalla amara esperienza della sterilità ministeriale.

Come sacerdoti siete chiamati ad esprimere la paternità di Dio, considerando indistintamente tutti come figli che lui vi dona e la fraternità sacerdotale come impegno inderogabile: prima i confratelli sacerdoti, poi tutti gli altri. Seminate l’amore di Dio senza cercare il favore degli altri, senza sentirvi padroni della vita dei fratelli che il Signore vi affida.

Amate con la dolcezza e la tenerezza che solo l’amore di un padre e una madre sono in grado di dare ai propri figli; consumatevi come fanno loro, spinti dalla forza dell’amore che dimora in voi. Un sacerdote non timbra il cartellino: è per Cristo a tempo pieno. Il prete che sperimenta l’innamoramento di Gesù è, a sua volta, fortemente innamorato di lui tanto da rigenerarsi continuamente rispondendo ad amore con amore. Sa benissimo che l’amore per il Signore passa attraverso l’amore che prova per gli altri, ma lungi da ogni forma di sentimentalismo, di pietismo, di egoismo che esprimono amori malati.

Il prete che ama come Gesù è capace di lavare i piedi ai fedeli e ai confratelli; uomo tra gli uomini, peccatore tra peccatori con la stola dei fiumi della grazia che scorrono da Dio verso di lui e da lui verso i fratelli; uomo ferito da giudizi e incomprensioni è sempre pronto a perdonare continuando a guardare l’altro con lo stesso sguardo di Gesù verso Pietro che lo ha rinnegato; pastore che non chiude mai la porta dell’ovile a nessuna pecora e non fa preferenze, anzi va alla ricerca di quella perduta.

Ricordatevi sempre: non siete preti perché l’avete scelto voi, ma perché Gesù vi ha chiamati, vi precede e vi dice: “Non vi chiamo più servi … ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi”. Questa è la vera intimità che è comunione di vita, comunione di amore.

Il Dio di Gesù Cristo che siete chiamati ad annunciare con la vostra vita sacerdotale è esattamente questo: da Dio e Re si è fatto amico. E la finalità è una sola: essere nella gioia.

Carissimi D. Marco, D. Fabio, D. Alberto, tutto questo Gesù ve lo dice perché “la sua gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”. Ricordate che non siete migliori: non pretendete mai nulla, ma fatevi prossimo.

La Madonna della Bruna, che a Ferrandina proprio oggi venerate come Madonna della Croce, e nella devozione popolare ricordiamo oggi come Madonna di Pompei, orienti il vostro cammino sacerdotale, perché possiate magnificare con lei il Signore, per tutti i giorni della vostra vita, per tutte le meraviglie che Dio vorrà fare in voi e attraverso di voi.

Così sia.

 

Don Pino